La rabbia di Silvio: "Sono schifato"

«Schifato» dalla «spazzatura» che sta venendo fuori sul «caso Ruby». Preoccupato per gli attacchi che continuano ad arrivare dal mondo cattolico. Spaventato dalla possibilità che la situazione precipiti in un governo di transizione. Silvio Berlusconi non usa mezzi termini per descrivere ai suoi più fidati collaboratori il suo stato d'animo. Con alcuni di loro ricostruisce la sera del 27 maggio scorso, quando chiamò la questura di Milano dove la ragazza marocchina era in stato di fermo per un furto: «Io ho semplicemente segnalato che c'era una persona che si proponeva per l'affidamento - ripete più volte - Sì, l'ho aiutata, ma c'è aiuto e aiuto: se mi si domanda di indicare una persona che è necessaria per avere un affidamento, io sento la persona che potrebbe farsi dare l'affidamento e dico che questa persona sta arrivando in Questura, ma non ho influenzato nessuno», avrebbe spiegato ripercorrendo più volte le fasi della vicenda. Questa volta, infatti, nel mirino non ci sono soltanto i comportamenti privati del Cav, ma anche quelli pubblici. A preoccupare Berlusconi è proprio questo. Quella telefonata rischia di essere data in pasto all'opinione pubblica ed etichettata come abuso di potere. Lui lo sa. «Non ero a conoscenza delle accuse che le venivano contestate, ma solo che era stata fermata - avrebbe ripetuto ieri ai suoi uomini - Non ho influenzato nessuno, né tantomeno ho mai abusato di un potere che tra l'altro non ho». I vertici del Pdl, almeno in pubblico, cercano di dimostrare compattezza e si sbilanciano un po' a suo favore, cercando di parare i colpi che vengono sì dall'opposizione, ma anche dalla Chiesa. Dopo Famiglia Cristiana ieri ci ha pensato Avvenire ad attaccare il premier invocando «sobrietà». D'altra parte anche la fedele difesa degli esponenti del partito rischia di sembrare solo un atto dovuto. Tra di loro parlano di un «clima di sfiducia totale» e di un premier «non più lucido». Alcune frecciatine, poi, arrivano anche dalla Lega. Bossi e i suoi - nonostante l'esposizione di Maroni che ha difeso l'operato della procura, difendendo di fatto anche il Cav - fanno fatica a nascondere l'imbarazzo per la telefonata fatta da Berlusconi in Questura. Ecco perché, tra le altre cose, a preoccupare Silvio è quella che fino a prima del «caso Ruby» era solo un'elucubrazione mentale dell'opposizione. Se il Senatùr decidesse all'improvviso di tirarsi fuori, c'è un rischio concreto che la crisi non sfoci nel voto anticipato, ma in un esecutivo di transizione non tecnico ma politico. Il premier sa, perché i canali sempre aperti con il Quirinale lo hanno informato, che Napolitano avrebbe molta difficoltà a dare il placet a un esecutivo che mettesse all'opposizione Lega e Pdl. Lo scenario, però, potrebbe cambiare se il Carroccio modificasse la linea del «Berlusconi o voto» tenuta finora o se gli smottamenti nel partito di maggioranza relativa diventassero significativi, soprattutto al Senato. In quel caso, il Colle potrebbe infatti affidare un incarico esplorativo per verificare l'esistenza di una maggioranza pronta a sostenere un altro governo, non necessariamente interessato soltanto a modificare la legge elettorale. Ecco perché Silvio si sente accerchiato. Il Cav, però, è determinato ad andare avanti. Il Lodo Alfano costituisce il banco di prova perfetto per la lealtà dei finiani. Altrimenti - come ha già spiegato - Berlusconi intende fare un discorso alle Camere. «E lì si vedrà chi si assumerà la responsabilità di far finire la legislatura».