I pm fanno lo sgambetto a Fini
Fini graziato dai pm? Mica tanto. Certo, il presidente della Camera può brindare alla richiesta di archiviazione. E, certo, gli è andata bene che da Piazzale Clodio il segreto istruttorio sia stato così segreto da non lasciar filtrare la notizia del suo avviso di garanzia e di quello del senatore Pontone per il gran casino di Montecarlo. Ma il verdetto dei magistrati romani non gioca tutto a suo favore. Anzi. Il perché è scritto nero su bianco nelle quattro pagine inviate al gip: il valore di mercato dell'appartamento di Montecarlo ereditato da An «sarebbe divenuto, nel 2008, di 819 mila euro prima dei lavori di restauro completo (che sarebbero costati 90 mila euro)». Una valutazione che la procura ha definito «effettuata in astratto, senza tener conto delle condizioni concrete del bene». Di certo, però, anche per i pm la cifra in questione costituisce un valore triplicato rispetto a quello, 273 mila euro, indicato nell'atto di successione. Ergo: la casa della contessa Colleoni ereditata da An è stata quasi regalata. Esattamente ciò che sosteneva chi ha presentato la denuncia. Nel provvedimento il procuratore capo Giovanni Ferrara e l'aggiunto Pierfilippo Laviani ricostruiscono in venti punti tutta la vicenda processuale. Comprese le fasi della donazione, avvenuta nel 1999. «In data 31.12.2000 An - si legge nel documento - appostava nel rendiconto finanziario, sotto la voce "immobilizzazione materiali nette, terreni e fabbricati" l'appartamento sito in Boulevard Princesse Charlotte pervenutogli in eredità, indicando il valore di 1.500.000 di franchi francesi (pari a 232 mila e 405,60 euro) come stimato dalla "Dotta Immobilier di Monaco"». Il 12 novembre del 2001 An presentava «presso il Bureu de l'Enregistrement et du Timbre del Principato di Monaco» copia delle dichiarazione di successione, in cui venivano indicati i beni posseduti in territorio monegasco individuati in depositi bancari per 165 mila 941, 32 franchi e «nell'appartamento...indicato ai fini della tassa di successione per il maggior valore di 1 milione e 800 mila franchi (pari a 273 mila euro)». Vengono poi ricostruite le tappe della vendita dell'appartamento, avvenuta l'11 luglio del 2008. In questa data il senatore Pontone «alienava su disposizione» dell'allora presidente del partito, Gianfranco Fini, l'appartamento in favore della Printemps Ltd. Il prezzo di vendita, di 300 mila euro, «veniva versato in contanti». Il 15 ottobre del 2008 la Printemps rivendeva l'appartamento per 330 mila euro alla Timara Ltd che, il 30 gennaio del 2009, cedeva in locazione a Giancarlo Tulliani l'appartamento «per un periodo di tre anni rinnovabile, fissando il canone annuo in 19 mila e 200 euro». I magistrati non aggiungono altro sugli effettivi proprietari dell'appartamento ma precisano però che il contratto di locazione «reca sotto le diciture locatore e locatario due firme che appaiono identiche» così come quelle apposte sulla clausola integrativa con data 24 febbraio 2009, allegata al contratto. Il «cognato» di Fini risulta «segnalato - scrivono ancora i magistrati - dall'intermediario Unicredit Banca di Roma per avere» tra il 30 gennaio e il 3 novembre del 2009 effettuato «rimesse all'estero» per un totale di 70 mila euro accreditati «sul proprio conto corrente presso l'istituto bancario Compagnia Monegasque de Banque». Infine i magistrati annotano che la Dotta Immobilier, la società incaricata dall'amministrazione del condominio di effettuare una valutazione, nel caso in cui An avesse deciso di vendere ha specificato «di avere un cliente molto interessato, ma senza indicare alcun prezzo». Richieste rimaste inevase, come dichiarato dal senatore Pontone, secondo il quale - concludono i pm – «si trattava solo di richieste di informazioni generiche e fu risposto che non era intenzione del partito venderlo». Nella parte conclusiva del provvedimento si legge infine che le indagini hanno «accertato la insussistenza di condotte fraudolente» in quanto «nessun artifizio e raggiro» è stato rilevato nell'«alienazione dell'immobile». Dunque, «l'inopportunità» dell'atto di vendita e «lo svantaggio economico per l'associazione (An ndr) attiene alla diligenza e responsabilità del mandatario ed è azionabile eventualmente nella competente sede civile, non trovando neanche applicazione l'ipotesi delittuosa dell'infedeltà patrimoniale». La palla passa al gip e, se l'archiviazione viene approvata, al giudice civile. Ma la partita resta aperta.