Giustizia, Fini: no ai pm sotto l'esecutivo

"I poteri di nominare, di assegnare, di trasferire e di promuovere i magistrati sono attribuiti dalla Costituzione al Csm proprio al fine di garantire quell'autonomia dell'ordine giudiziario di cui si è detto, premessa indispensabile della indipendenza dei magistrati. Il trasferire questo potere al Ministro della Giustizia determinerebbe un'intromissione dell'esecutivo nel governò della magistratura". Lo ha detto il presidente della Cmaera dei Deputati, Gianfranco Fini, intervenendo nel teatro Piccinni di Bari al convegno sul tema "Organizzare la giustizia". "Se appare non accettabile la ricomposizione del Csm con una prevalenza di membri laici - ha aggiunto - ancor più lo sarebbe l'attribuzione al Ministro della Giustizia dei poteri più classici spettanti in esclusiva al Csm. Infine, si è proposto, di recente - ha proseguito Fini - di modificare l'articolo 109 della Costituzione, secondo cui l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. Non è ancora ben chiara la portata dell'innovazione che si progetta su questo tema. Comunque, è noto che il codice di procedura penale del 1989 ha dato piena esecuzione a questa norma costituzionale". INDIPENDENZA A RISCHIO "Dobbiamo chiederci - ha proseguito - se il rafforzamento dell'autonomia della polizia giudiziaria avrebbe ripercussioni, e quali, in materia di garanzie per i cittadini. Quel che mi sembra evidente è che diminuire, comunque, le prerogative attuali del pubblico ministero nei confronti della polizia giudiziaria sarebbe un modo per intaccare la rilevanza della figura del magistrato nel nostro sistema e per ridurne il ruolo di perno centrale dell'esercizio dell'azione penale". A proposito delle proposte di riforma secondo Fini la composizione del Csm è "ancor oggi adeguatamente bilanciata. Un eccessivo peso attribuito alla parte non togata esporrebbe inevitabilmente questo organo a forti interferenze da parte del potere politico. In questo modo, si minerebbero proprio i principi basilari  che l'articolo 104, primo comma, della Costituzione vuole assicurare,  ovvero quelli della autonomia e della indipendenza della  magistratura". "Le conseguenze, quasi inevitabili, di un simile ribaltamento - ha evidenziato Fini - sarebbero rappresentate dai gravi rischi per l'imparzialità del giudice nell'applicazione della legge e per il rispetto, in materia penale, dello stesso principio di legalità. Se le ragioni delle modifiche proposte sono giustificate col clima di tensione che vede contrapposti, da un lato, la magistratura o parti di essa e, dall'altro, frange pur rilevanti del potere politico, simili  soluzioni appaiono ancor più rischiose". "In un clima così già oggi poco disteso - ha concluso - le interferenze fra potere politico e funzione giurisdizionale sarebbero destinate ad intensificarsi e ciò porterebbe inevitabilmente al determinarsi di una spirale di intrecci e cortocircuiti fra politica e giustizia sempre più forti e pericolosi, in particolare per la credibilità delle nostre istituzioni".