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Nadia Pietrafitta Manca meno di una settimana al voto di medio termine e per Barack Obama si mette male.

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Ilprossimo due novembre in ballo c'è il Congresso: gli americani saranno chiamati a eleggere un terzo dei rappresentanti del Senato e a rinnovare integralmente la Camera dei Rappresentanti. Secondo un sondaggio pubblicato da Huffington Post, il partito democratico dovrebbe riuscire a mantenere - seppure di misura - la sua maggioranza al Senato, mentre è molto probabile che perda il controllo della Camera dei Rappresentanti, con le conseguenti dimissioni di Nancy Pelosi dalla carica di Speaker dell'assemblea, così come evocato dai «Tea Party» da un anno a questa parte. Dei tredici seggi in palio al Senato i democratici avrebbero il 92% delle probabilità di conservare la maggioranza. Al termine della consultazione, a loro andrebbero certamente 49 seggi, 46 verrebbero conquistati dall'opposizione repubblicana e solo 3 sarebbero in bilico. Ma si ritiene poco probabile che possano andare tutti e tre al Grand Old Party, (stando al New York Times, le probabilità di un ribaltone repubblicano alla Camera Alta sono scese dal 19 al 16%). Opposto il discorso per quanto riguarda la «House»: qui le proiezioni danno l'80% delle probabilità ai repubblicani di conquistare la maggioranza dei seggi. Al momento ai conservatori ne andrebbero ben 216, ai democratici 195, e 26 sarebbero incerti. Tutta in salita, per il partito di Obama, anche la sfida per i governatori. Il 2 novembre se ne eleggeranno ben 37. Secondo questo sondaggio, quando sarà il momento di tirare le somme, solo 17 saranno presieduti da democratici, mentre i repubblicani ne guiderebbero ben 29. Incerti appena quattro. Ciò vorrebbe dire che i repubblicani strapperebbero ai loro avversari ben sei poltrone di governatore. Tanti, se si pensa l'influenza che potranno avere in vista del voto per la Casa Bianca, nel 2012. Intanto, il vento di destra che spira forte sull'elettorato Usa, sta mettendo in pericolo la sopravvivenza politica dei cosiddetti «blue dogs», (così vengono chiamati i democratici moderati, attentissimi alle politiche di bilancio statale). Secondo il Wall Street Journal, almeno la metà dei deputati aderenti a questa corrente rischia di non tornare in Parlamento. Una disfatta per Barack. A condannare i democratici sarebbero soprattutto gli elettori indipendenti. Secondo un sondaggio del Washington Post voteranno al 53% per i repubblicani, manifestando così la loro delusione nei confronti di Obama, al quale avevano dato invece un importante sostegno nelle presidenziali del 2008. Anche la comunità omosessuale sembra voler abbandonare il presidente: «Si ricordano di noi solo in tempo di elezioni», spiega deluso James Wyatt, portavoce di un'associazione gay di Chicago. In bilico anche la preferenza accordata a Obama dagli ispanici. In un'intervista rilasciata alla tv di lingua spagnola Univision, il presidente ha dovuto difendere il suo operato di fronte alle domande dell'intervistatore che gli imputava di non essere riuscito a varare in questi due anni la promessa riforma dell'immigrazione. Per recuperare il terreno perduto Obama ha invitato ieri come ospite d'onore in una conference call l'attrice e modella Usa, ma di origine messicana, Eva Longoria. Basterà?

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