"Sul Lodo apriamo un tavolo con Fini"
Avanti con il lodo Alfano, basta con le battute via agenzie di stampa, se c'è qualcosa da discutere sediamoci attorno a un tavolo e cerchiamo una soluzione; e se qualcuno vuole rompere, lo faccia, poi però dovrà fare una campagna elettorale per spiegarlo al Paese o peggio vivere con un nuovo governo con quelli che hanno perso le elezioni. Carlo Vizzini è un po' giù di morale per via della domenica calcistica, ma subito corregge: «Il Palermo? No, non ha giocato (ha perso 2-0, ndr). A Udine la partita è stata rinviata». E si mette subito a parlare di politica. Il tono torna sereno. E soprattutto fermo. Il presidente della commissione Affari Costituzionali, nonché relatore del lodo Alfano, detta la linea: «Andiamo avanti. Anche perché è un dovere che dobbiamo assolvere». Presidente, non le sembra che il lodo possa fare la stessa fine del ddl intercettazioni? A parole tutti dicono che serve, poi s'arena. «Non credo. Perché il lodo lo dobbiamo fare e non ci possiamo spaventare per qualche diversità di vedute: sono una normalità, si affrontano e si cercano di risolvere». Ma perché il lodo "dovete farlo"? «Nessuno ricorda che è stata la Corte Costituzionale a indicarci questa strada. Il legittimo impedimento doveva essere una soluzione per 18 mesi, in attesa di un nuovo lodo per via costituzionale. Ed è quello che stiamo facendo. Penso che il Parlamento voglia rispettare questa decisione». Intanto Fini ha posto un nuovo paletto: la non reiterabilità. Anche con le intercettazioni fu così: accordo e poi ogni giorno un paletto. «Non dobbiamo alimentare questo botta e risposta. Convochiamo un tavolo, la maggioranza si siede e cerchiamo una soluzione». Ma lei che cosa ne pensa della non reiterabilità? «Il lodo, se tutto andrà liscio, entrerà in vigore nel 2012, l'anno dopo si vota. Varrebbe solo un anno? Non credo abbia molto senso». Sono tutte scuse per arrivare solo alla rottura. «Chi decide di rompere lo faccia pure ma sappia cosa accade dopo. Ovvero che dovrà andare incontro al paradosso di formare un governo assieme a coloro che hanno perso le elezioni. E comunque dovrà fare un'intera campagna elettorale per spiegare al Paese perché ha fatto saltare tutto invece di portare a compimento le mille riforme di cui l'Italia ha bisogno. Lo spieghi. Non credo che convenga a Fini, mentre invece una tale situazione metterebbe Berlusconi nelle condizioni di fare la migliore campagna elettorale: non mi hanno fatto governare». Ma con Fli non si era chiuso un accordo? Ora Fini vuole cambiare un punto importante. Si possa raggiungere una nuova intesa senza che venga poi sconfessata? «Ad onor del vero non c'è stato alcun accordo sconfessato da parte dei finiani. C'era un'intesa sul testo ma avevano detto che avrebbero presentato un paio di emendamenti in Aula. Non avevano spiegato su cosa. Tuttavia, se hanno un ripensamento va bene lo stesso. Ripeto, discutiamone. Fa parte della politica». Presidente, dopo una settimana così la rottura è più vicina? «Guardiamola tutta. Il ministro Alfano sta lavorando molto bene, ha visto Fini ed è stato un incontro positivo. Il lodo va avanti. Ci sono questioni da approfondire? Bene, vediamoci». È arrivato anche un siluro da Napolitano. Tra lui e Fini sembra una tenaglia contro Berlusconi? «Conosco Giorgio Napolitano dal 1976, si è sempre mosso nel solco dell'imparzialità, immaginarlo braccio di una tenaglia mi pare risibile. E penso che anche Fini sia interessato a cercare condizioni di governabilità a patto di essere regolarmente consultato». D'accordo, ma il copione sembra scritto: melina sul lodo in attesa che la Consulta bocci il legittimo impedimento, Berlusconi senza scudo esposto al nuovo assalto giudiziario così da poter essere spolpato. «Scusi, questi termini giornalistici non mi appartengono. Ho afferrato il senso. E guardi che questo film gli italiani l'hanno già visto. Nel 2008 Berlusconi si è presentato alle elezioni senza alcuno scudo e ha vinto largamente le elezioni. Succederà anche stavolta». Però adesso c'è una variante: la possibile condanna e l'interdizione dai pubblici uffici. «Senta, non credo che Berlusconi possa essere condannato. L'interdizione scatterebbe solo dopo un'eventuale condanna in Cassazione. Quindi, non vedo novità». Avanza il piano B, il senatore Compagna suggerisce uno scudo d'intesa con l'opposizione. «Non mi pare sia possibile. Il Pd è schiavo di Di Pietro, anche in maniera illogica». In che senso? «Ha visto che cosa ha detto Bersani? "Faremo le barricate in Parlamento". Un controsenso: le barricate sono il contrario del Parlamento. No, guardi: dobbiamo lavorare con la maggioranza». Ma questa maggioranza sembra un Vietnam. «Capisco che è complicato da comprendere, soprattutto per uno come Berlusconi. L'uomo del fare. Ma la cosa migliore è che lui pensi a governare e lasci a noi il compito di discutere, mediare. Ci vuole pazienza, infinita pazienza». L'ha sentito Berlusconi? «No. Io non lo chiamo, se lui ha qualcosa da dirmi mi telefona». Possibile? «Non possibile, è proprio così. Penso che bisogna lavorare per togliere problemi dal tavolo di Berlusconi, non portarceli e chiedere a lui di risolverli».