Silvio studia il piano B
Silvio Berlusconi lavora al piano B. Cerca una soluzione alternativa. Il lodo Alfano rischia di essere una strada impraticabile. Tanto che il Corriere della Sera, in un colloquio, raccoglie lo sfogo del premier: «Non cambia nulla con l'intervento del presidente della Repubblica. A questo punto io chiederò che quella legge costituzionale venga ritirata. Il lodo Alfano porta con sè un meccanismo farraginoso per l'approvazione e in questo modo serve soltanto a dare fiato alle polemiche strumentali dell'opposizione». Si tratta di uno sfogo, visto che comunque essendo il lodo un provvedimnto di iniziativa parlamentare non potrebbe essere il premier a ritirarne il testo. Ma poco cambia. Berlusconi resta a Roma, incontra Letta, è demoralizzato e si sente lasciato solo. Credeva che il fatto di essere un perseguitato giudiziario fosse un dato scontato della politica. Fosse un concetto ormai condiviso non solo dal centrodestra ma anche da ampi settori dell'opposizione. Non era così. Il lodo Alfano infatti doveva essere solo la riproposizione in forma costituzionale, così come aveva chiesto la Corte Costituzionale, del testo bocciato un anno fa proprio perché deciso per via ordinaria. Un testo votato allora anche dai finiani e sul quale anche l'Udc e qualcuno del Pd s'era detto d'accordo almeno sul principio. Ovvero sulla necessità di assicurare al premier uno scudo giudiziario che gli consentisse di governare. Non appena la nuova legge ha ripreso il suo cammino al Senato è ricominciata la stessa giostra che aveva inziato a girare attorno al disegno di legge sulle intercettazioni. Ogni giorno una voce dissonante, qualcuno che ha qualcosa da ridire. E poi gli agguati, gli emendamenti-tranello, le sortite parlamentari. Un Vietnam. «Sembra che interessa solo me e invece a me non importa proprio nulla - si sfogò a luglio il Cavaliere con un paio di ministri -. Su di me sono uscite intercettazioni di ogni tipo? Che cos'altro deve venir fuori? Sono gli altri italiani che devono temere e invece viene fatta passare come una legge che riguarda solo Berlusconi. E allora ritiriamola». E infatti anche per le registrazioni telefoniche si arrivò a completare il passaggio parlamentare in una delle Cameree poi il ddl s'è arenato. Il copione si ripete, il lodo Alfano sembra destinato a una fine analoga. La settimana prossima saranno presentati nuovi emendamenti ma Fini ha già fatto capire che in aula i suoi presenteranno modifiche proprio sulla reiterabilità dello scudo rendendolo non utilizzabile due volte. Anche il Pdl presenterà emendamenti per andare incontro alle critiche mosse dal Quirinale. Napolitano due giorni fa ha espresso «profonde perplessità» sulla norma che prevede «la sospensione dei processi penali anche per il presidente della Repubblica». Berlusconi corre il rischio di trovarsi da solo. Napolitano su quel testo ci ha messo un macigno. Fini potrebbe dire che a lui il lodo non serve. E a questo punto Silvio anticipa tutti e dice lui che non ne ha bisogno. Ciò non toglie che comunque ha la necessità di un paracadute. Finora i processi sono fermi per effetto del legittimo impedimento su cui a metà dicembre la Consulta sarà chiamata a decidere. Una soluzione che sta prendendo piede è quella che offre Luigi Compagna, senatore Pdl: «Un meccanismo di sospensione dei processi adeguato alla nostra democrazia parlamentare era quello al quale, insieme alla collega Franca Chiaromonte del Pd, avevamo pensato un anno fa ricavandolo da un testo di Maccanico già approvato in Senato nel 1993. A torto la nostra iniziativa fu rubricata come restaurazione dell'istituto dell'autorizzazione a procedere. Non era così e oggi forse, invece di far la faccia feroce al modo di Fini o della Finocchiaro, quel testo potrebbe offrire un punto di equilibrio costituzionale credibile e moderno».