Il caso infinito di Sarah
Una volta si diceva «indagini a tutto campo». Ma la frase fatta andava benissimo fin quando descriveva scenari di indagini legati alla cattura dell'assassino. Nel caso di Avetrana c'era. E addirittura reo confesso. Adesso invece non si sa più chi abbia ucciso Sarah Scazzi. E Avetrana è messa a soqquadro con perquisizioni e nuovi interrogatori, richiesta di ulteriori analisi e clamorose possibilità di sviluppi. Al punto che ieri il legale di Michele Misseri si è spinto a dire che il suo assistito potrebbe rispondere anche soltanto del reato di occultamento di cadavere. Insomma, lo zio prima bieco assassino, poi orco, quindi non più orco e mezzo assassino. Il tutto mentre la madre di Sabrina, inguaiata di brutto dal padre, va a trovare la figlia in carcere in compagnia della sorella Valentina. Dovrebbe già rispondere di favoreggiamento, ma il reato non è punibile in ambito familiare: e allora, che c'è di male a portare i panni puliti alla figliola dietro le sbarre? Insomma, è difficile raccontare una giornata di indagini ad Avetrana perché i filoni sono tanti quanto quelli che sforna una panetteria tutte le mattine. Quasi impossibile desumere una notizia buona per il titolo. Spifferi, mezze ammissioni, vecchie testimonianze, riflessioni confuse. A far montare la panna morbida del pasticcio giudiziario ci pensa il lievito degli avvocati delle diverse persone coinvolte a vario titolo nell'intrigo. Ieri, comunque, con un nuovo sopralluogo dei carabinieri si è riaccesa l'attenzione degli inquirenti sulla casa di Michele e Sabrina Misseri, padre e figlia in carcere da giorni con l'accusa di avere ucciso Sarah Scazzi il 26 agosto scorso. L'ispezione, durata un paio di ore, ha riportato l'attenzione investigativa sulla villetta di Avetrana dove Sarah, il giorno in cui è stata uccisa, aveva appuntamento con la cugina Sabrina per andare a mare. Durante il sopralluogo di ieri i carabinieri hanno compiuto nuovi rilievi fotografici e hanno cercato, senza trovarlo, un mazzo di chiavi che secondo quanto ha raccontato Concetta Serrano, la mamma di Sarah, la ragazzina portava sempre con sé. Chiavi che non sono mai state trovate né nel pozzo dove è stato recuperato il corpo né tantomeno tra i resti dei vestiti e dello zainetto che lo zio ha bruciato in campagna dopo l'omicidio. Esaurita la «visita» dei carabinieri, Cosima è uscita di casa accompagnata dalla figlia maggiore Valentina. Salite su un'auto guidata da suo fratello Giuseppe, accompagnata anche dall'altra sorella Emma, le donne di casa Misseri sono partite alla volta del carcere di Taranto per una visita a Sabrina. La vettura è stata scortata dai carabinieri. Ma ecco un altro filone ben caldo, destinato forse a freddarsi presto come una baguette: all'ora dell'omicidio Michele Misseri sarebbe stato a dormire. L'ipotesi, circolata ieri a Taranto, non avrebbe al momento conferme negli atti dell'inchiesta, ma è una pista sulla quale gli inquirenti starebbero lavorando. E si insiste sul profilo del contadino 57enne: Michele Misseri tra le mura domestiche «non contava nulla», anzi veniva «utilizzato» dai familiari, per sua stessa ammissione, tanto che il suo ruolo era assolutamente marginale. Dunque, il «mostro», lo zio «orco» che ha strangolato Sarah, sarebbe la stessa persona che veniva quotidianamente messa in un angolo dai suoi stessi congiunti, madre e figlia? Per l'avv. Daniele Galoppa, suo difensore, era una situazione che Misseri «accettava» più che subirla. Anzi, «accettava qualsiasi cosa». Misseri, a detta ancora del suo legale, avrebbe sempre avuto «un trascinamento» per la figlia Sabrina, la cui personalità «ha sempre prevalso» su di lui. Da quanto emerso finora dall'inchiesta, Sarah è stata strangolata nella cantina che si trova affianco alla casa dei Misseri. Ma il sopralluogo di ieri ha aperto spazi a illazioni su una nuova ricostruzione dell'omicidio che potrebbe essere avvenuto nell'abitazione. Un'ipotesi - secondo gli investigatori - teoricamente possibile, ma concretamente improbabile. E i dubbi sul ruolo che ciascuno degli attori di questa vicenda, marito, moglie e figlia, potrebbero aver avuto si approfondiscono per effetto anche dell'annuncio di una nuova versione di Misseri che potrebbe completamente modificare il quadro accusatorio e anche ricollocare la scena del delitto. Tutte queste circostanze contribuiscono a catapultare l'attenzione su una dimensione investigativa non prospettata. «Questi sviluppi - ha detto l'avv. Nicodemo Gentile, uno dei due legali della famiglia Scazzi - stanno sorprendendo e lasciando sconcertati anche noi difensori, oltre che la famiglia, ovviamente se gli scenari verranno confermati». «È una fase molto delicata e fluida - ha aggiunto - e noi vogliamo capire di più. Siamo molto cauti perché preferiamo muoverci su qualcosa di concreto». In merito alla decisione del gip del Tribunale di Taranto, Martino Rosati, di prendersi ancora un po' di tempo per decidere se tramutare il fermo di Sabrina Misseri in un'ordinanza di custodia cautelare, l'avvocato Gentile ha sopiegato di ammirare «lo scrupolo e la professionalità già noti, del giudice per le indagini preliminari. È evidente la necessità di acquisire ulteriori circostanze». Intanto sono stati fissati per lunedì 25 ottobre alle 10 presso il Reparto investigazioni scientifiche (Ris) di Roma accertamenti tecnici irripetibili sul cellulare di Sarah Scazzi, sull'auto Seat Marbella di Michele Misseri nel cui bagagliaio sarebbe stato trasportato il cadavere per nasconderlo in campagna, e su altri reperti prelevati dai carabinieri nel corso dell'indagine. Gli accertamenti, come è prassi in questi casi, verranno eseguiti in contraddittorio alla presenza di legali e consulenti delle parti. E ieri sera, durante il Tg3 delle 19 Federica Sciarelli, conduttrice di «Chi l'ha visto?», in un'anticipazione del programma che è andato in onda poco dopo ha mostrato il testo di un sms che Sabrina le ha mandato due giorni dopo l'arresto del padre: «Mi faccio schifo, sono l'unica a non esserci andata da Sara. Non ce la faccio». La ragazza si riferisce ai funerali della cugina ai quali non era andata per ragioni di sicurezza.