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Tiro al bersaglio contro Tremonti

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Tremonti come San Sebastiano. Che il ministro dell'Economia non fosse simpatico a molti nel governo era cosa nota da tempo, né lui ha mai fatto nulla per recuperare un feeling con i colleghi dell'Esecutivo. Ma ultimamente gli attacchi si sono intensificati. Il varo della legge di stabilità che impone ai ministeri altri sacrifici, ha inasprito i rapporti. Solo la Lega continua a difenderlo mentre Berlusconi si barcamena tra qualche rimbrotto in privato e elogi di sostegno in pubblico. Tremonti va avanti per la sua strada e l'ultima uscita al Forum della Coldiretti è stato l'ennesima conferma della sua linea: la politica deve obbedire ai numeri, non il contrario. Questo suona ai colleghi del governo come una sorta di commissariamento, l'espressione di uno strapotere che infastidisce sempre di più. Contro Tremonti ha tuonato anche Montezemolo che lo ha accusato di non pensare alla crescita; in sostanza di avere un approccio prettamente ragionieristico con la politica economica. In quella occasione a difesa del ministro scese in campo il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia dicendosi certa che Tremonti sta puntando alla crescita. Ma è il richiamo alla politica che deve muoversi avendo come stella polare i numeri, che ha fatto traboccare il vaso della pazienza. Questa volta gli attacchi della sinistra non sono alle decisioni di economia ma proprio a quello che considerano come un «esproprio» alla politica. «La politica serve anche a cambiare i numeri» arringa piccato Massimo D'Alema. «C'è un rapporto dialettico -sottolinea il presidente di Italianieuropei- tra la politica e i numeri, tuttavia sono i numeri che condannano l'attuale governo italiano», perché «ci dicono che negli ultimi 10 anni, nel corso dei quali per circa 8 hanno governato loro, la crescita è stata zero, la crescita della spesa pubblica corrente è stata 5 punti di Pil. Questi sono i numeri che rappresentano il bilancio del governo Berlusconi e Tremonti». D'Alema sostiene che il responsabile di via XX Settembre «lavora come il minculpop. Nel senso che il suo obbiettivo non è affrontare i problemi ma fare in modo che il Paese non si spaventi». Questo perché mentre la Banca d'Italia cita dei numeri preoccupanti «lui dice che sono ansiogeni. Il problema quindi non è affrontare i problemi ma non parlarne perché se no si crea ansia». Adesso -conclude D'Alema- «dicono che bisogna coniugare rigore e sviluppo, che è una frase bellissima, in realtà hanno coniugato la mancanza di rigore e la mancanza di sviluppo per molti anni e il risultato è una sorta di catastrofe nazionale». Il leader dell'Api, Francesco Rutelli, dice di condividere di Tremonti «solo gli accenti preoccupati sulle condizioni del Paese». Poi pone un interrogativo polemico: «Ma cosa ha fatto lui in questi lunghissimi anni al potere? Zero». Infine affonda la critica sul settore fiscale. «Il governo che aveva promesso di tagliare le tasse, assiste ad una crescita inarrestabile della pressione fiscale, che colpisce innanzitutto chi lavora e chi dà lavoro in modo corretto». Bordate pure dai finiani. Mario Baldassarri, senatore di Fli e presidente della commissione Finanze di Palazzo Madama, sottolinea che Tremonti è «un avvocato tributarista e come tale non comprende l'economia».

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