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La Fiom invade Roma e attacca il governo

La manifestazione Fiom a Roma

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È stato un corteo armato, anche senza gli episodi di intolleranza che si temevano. Ma i toni sono stati accesi, durissimi gli slogan, anche contro la Cisl, e volgari, con la foto del ministro Gelmini appiccicata proprio in mezzo ai pantaloni. E la promessa alla piazza che invoca lo sciopero generale di paralizzare l'Italia, con un asse Cgil-Fiom, lanciata dal segretario generale di Cgil, Guglielmo Epifani, che ha chiuso la manifestazione della Fiom, con un discorso dal palco allestito a piazza San Giovanni in Laterano contro il governo. Maurizio Landini, numero uno Fiom lancia la mobilitazione generale. Epifani gli risponde. «Dopo la manifestazione del 27 novembre in assenza di risposte noi continueremo se necessario anche con lo sciopero generale» ha detto Epifani che ha accusato il governo di «aver usato la crisi per colpire i diritti dei lavoratori», e ha invocato «una politica economica radicalmente diversa perché questa ha umiliato il paese e non ha risolto i problemi». «Non lasceremo sola la Fiom» dice. «C'è un governo debole, che non fa alcunché per l'industria italiana. E allora perché devi chiedere alle multinazionali di restare... È il governo che deve fare e impegnarsi anche per le riconversioni». La piazza lo acclama. Sono «un milione» per Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale. Un'insalata russa di tute blu, centri sociali, estremisti in naftalina, red block e proletari comunisti e studenti universitari. Li hanno prelevati porta a porta per portarli in piazza a Roma e ci sono riusciti. Quando uno dei tre cortei, quello partito da piazza dei Partigiani era da un pezzo a piazza San Giovanni in Laterano, la coda era ferma a piazzale Ostiense. A guidare il corteo partito da piazza della Repubblica gli operai di Eutelia. Dietro gli operai Fiat di Pomigliano. E Nichi Vendola (Sel), tra loro che lo acclamano. «Hanno portato il Paese verso la miseria» dice. Delegazioni di operai e sindacati da Brescia, Bergamo, Terni, Napoli, Torino, i lavoratori immigrati del nord est, i migranti rifugiati di Caserta, la Fillea Cgil, la Filcam, i partiti dall'Idv alla Federazione della Sinistra fino ad Emergency, il movimento dell'Acqua bene comune e lo spezzone dei centri sociali, Action; Tedro di Padova, Askatasuna ed altri. C'è anche una delegazione di rom di via Cesare Lombroso con le «Zingare spericolate» che balleranno sul palco. E Agnoletto, Vergassola, Diego Bianchi in arte Zoro, Pisapia. In cima al corteo che ha mosso da piazza dei Partigiani invece c'è l'entourage dei super riconoscibili: capelli bianchi al vento, Nikon da 3.600 euro al collo e sigaro d'ordinanza, il «toscano» rosso e una scatola da 5 pezzi sfiora i 9 euro. (E carte di credito gonfie?) Il leader della Cgil Guglielmo Epifani incrocia le tute blu a San Saba. Ma per cercare la faccia d'un compagno vero ti tocca camminare all'indietro, in coda al corteo. È lì, o dietro gli striscioni, che trovi gli orfani dei diritti negati dalla sinistra quando era al governo. E per avvicinarli e fargli una foto devi chiedere il permesso ai mandriani rossi che li hanno radunati. Scoppiano due petardi lanciati al passaggio alla stazione Ostiense, du' bombette niente di che, che Landini ed Epifani hanno «lavorato perché sia una manifestazione pacifica». Due anime, e si sente. Chi teme di perdere il lavoro. E chi ce l'ha ben stretto ed è in attesa di una promozione. Chi s'è dato un gran da fare per la riuscita della manifestazione, e assapora il momento in cui incassare la cambiale. E al pensionato napoletano Tammaro Iavarone gli tocca fare il buffone. Travestito da squadrista, finge d'essere Marchionne, «dittatore dei lavoratori» col cartello al collo, un vaso da notte rovesciato in testa con scritte contro il ministro Maroni e la foto del ministro Gelmini tra le gambe. Fischietti, tamburi, slogan anche contro la Cisl «Bonanni sei un uovo marcio». «Cisl dove sei?». E cartelli. «Maroni uguale tessera del tifoso, Marchionne uguale tessera dell'operaio». Al fantoccio di Berlusconi invece hanno appeso un cartello al collo un cartello che recita «La crisi c'è ma non per me». E sotto ai piedi schiaccia il libro della Costituzione. Il fantoccio di Bossi invece ha un cartello con su scritto: «l'appetito vien mangiando, Lega padrona». Tanti gli slogan, tra questi spicca una grande banconota da 500 euro con scritto sopra: «questo è il mio stipendio». Tra le bandiere c'è anche un omaggio a Falcone e Borsellino. Vicino al palco ecologico allestito in Piazza San Giovanni campeggia una bandiera con la scritta: «L'Italia che non si piega». Quella di piazza San Giovanni «è una voce che va ascoltata», dirà a fine giornata Pier Luigi Bersani, che però dalla piazza è costretto a tenersi lontano per le divisioni del suo partito.

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