Bossi avverte i finiani «Basta un no e si vota»
Inodi ormai sembrano essere arrivati al pettine e quando l'Umberto sente tirare aria di ribaltone, o, peggio ancora, di tradimento, diventa furioso. Mette in guardia. Minaccia. E così la domenica del leader della Lega, Umberto Bossi, si caratterizza per un chiaro avvertimento agli alleati, finiani in primis: «Se qualche volta non passa una legge, allora sappiamo che bisogna andare a votare». Un messaggio chiaro che il Senatùr lancia mentre è tra la sua gente per inaugurare la nuova sede del partito a Mercallo paese del varesotto non distante da Gemonio. Il suo popolo, quello che ha bisogno di sentire il proprio Capo bacchettare chi pensa di mettere i bastoni tra le ruote al governo. Quello stesso popolo che non vede l'ora di accorrere in massa alle urne per poter far schizzare la Lega ai suoi massimi storici. Ed è per questo che Bossi rincara la dose. Si dice scettico sulla proposta di Calderoli che l'altro ieri aveva auspicato un incontro a tre Berlusconi-Bossi-Fini per garantire il futuro del governo («Non ho un potere taumaturgico per risolvere tutti i problemi, che a volte sono personali: come fai a risolverli?»), poi fotografa la situazione a riguardo della riforma della giustizia: «È uno dei possibili campi minati, ma non è detto nemmeno lì». Lo scenario, infatti, potrebbe essere ancora più intrigante se fosse vero quello che il Senatùr da giorni va ripetendo: «Secondo me i parlamentari e soprattutto la sinistra hanno paura di andare alle elezioni e quindi assisteremo a una sinistra che dà il voto a Berlusconi». Il vero tasto dolente che potrebbe portare la Lega ad aprire la crisi anche a Roma è, senza dubbio, il caso Cota-Bresso soprattutto nel momento in cui dal Piemonte dovessero arrivare sorprese a proposito del contenzioso in atto sul riconteggio dei voti delle elezioni regionali. «Sono cose che è meglio che non avvengano - ribadisce Bossi - perché una volta che succede si rischia davvero di incrinare il rapporto democratico delle elezioni». E allora eccolo tornare a indossare l'elmetto per prendersela con alcuni giudici: «Non si capisce come faccia la magistratura a ragionare. Perché per la Bresso basta la croce sul partito e per Cota serve la croce sia sul nome del partito sia sul suo nome? La legge è uguale per tutti». Il pensiero ricorrente di Bossi quindi è quello delle elezioni: da una parte ci sono quelle minacciate a livello nazionale, dall'altro quelle da evitare a tutti i costi in Piemonte e nel mezzo, quelle certe a Milano. Un appuntamento per la primavera prossima dove sembra prendere sempre più piede un possibile ticket Pdl-Lega, con un vice sindaco del Carroccio per Letizia Moratti: «Domani (oggi, ndr) - si è limitato a riferire Bossi - c'è il consiglio federale a Milano e parleremo di tutto».