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Ministri in rivolta contro i tagli

Il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Tremonti assicura che in Consiglio dei ministri è andato tutto liscio. «Discussione responsabile e massima condivisione tra i ministri» ha detto il responsabile dell'Economia ma le cose sono andate diversamente e la riunione è stata tutt'altro che tranquilla.  Oggetto del contendere è il disegno di legge sulla stabilità che contiene il bilancio dello Stato. Tremonti ha spiegato che si tratta di «un documento nuovo che riflette la nuova legge di contabilità dello Stato e contiene la legislazione vigente, ovvero la Finanziaria triennale e la manovra di luglio». In sostanza è la «fotografia dei conti pubblici come sono costruiti in passato e proiettati sul futuro». In poche parole nulla di nuovo. Il tono di Tremonti dopo il Consiglio dei ministri era trionfante: «Oggi lanciamo formalmente la seconda fase, quella dello sviluppo, che non abbiamo potuto fare prima perchè avremmo deviato rispetto al protocollo europeo».   Ma lo sviluppo richiede soldi e questi non ci sono. Tant'è che a dispetto di quanto ha detto Tremonti uscendo da Palazzo Chigi, in Consiglio dei ministri è scoppiata la rivolta dei ministri. Il responsabile dell'Economia ha cercato di appianare i contrasti con una pre-riunione con il sottosegretario Gianni Letta a fare da mediatore, e i ministri Gelmini e Sacconi (titolari dei due ministeri a maggior carenza di risorse), ma con scarsi risultati. In Consiglio dei ministri è intervenuto pure Berlusconi con una serie di telefonate da Arcore dove è ancora in degenza dopo l'intervento sulla mano. Al premier sarebbero giunte all'orecchio alcune indiscrezioni secondo le quali chi ha i cordoni della borsa, pur di andare ad elezioni anticipate, tenderebbe a rendere poco praticabile l'attività di governo. Del resto ieri la Lega è tornata a insistere sulle elezioni anticipate. Ma Berlusconi parlando con i ministri in polemica avrebbe detto che l'importante è restare compatti; «se cado io, cadono tutti». I settori con l'acqua alla gola sono l'Università con la riforma che al momento è stata congelata perchè conteneva l'assunzione di 9mila precari, il mercato del lavoro con l'aumento dei disoccupati che richiede più risorse per gli ammortizzatori sociali e la cultura. «Per la riforma dell'università metteremo il massimo dei fondi come per gli ammortizzatori sociali» ha assicurato Tremonti prima di entrare in Consiglio ma qui, a porte chiuse, è scoppiata la polemica. Lo scontro è stato sull'assenza di fondi ma anche sul modo di procedere del responsabile dell'Economia che ha blindato il testo lasciando come unica finestra la manovra di fine anno. Questo significa che lo scontro vero è spostato sul Milleproroghe. «Se ci sono opportunità o necessità, come ogni anno saranno gestite con il decreto di fine anno» ha detto Tremonti sottolineando che le richieste arrivate dai ministri erano «tutte fondate» ma il problema è «l'equilibrio».   In Consiglio è stata prospettata l'ipotesi di porre la fiducia sul ddl e questo ha mandato su tutte le furie l'opposizione. Poi il ministro dell'Economiaha smentito di aver inviato una lettera alla Gelmini nella quale avrebbe detto che l'assunzione di 9 mila ricercatori avrebbe messo a rischio la tenuta dei conti pubblici. E in serata a suo sostegno è sceso in campo Bossi che ha ribadito la «massima fiducia a Giulio» paragonandolo al «cancelliere di ferro Bismarck». Il leader della Lega ha detto di essere sicuro che «i soldi alla fine si troveranno». Una certezza che sembra condivisa dal ministro del Welfare Sacconi: «La legge di stabilità fotografa l'esistente, entro la fine dell'anno saranno prese effettivamente le decisioni sui tagli e, parallelamente, in quali settori destinare le risorse». Da Tremonti è arrivata anche la smentita della frase «la cultura non si mangia» che avrebbe rivolto all'indirizzo di Bondi. «Non mi appartiene» e poi in Transatlantico ha ironizzato: «Ora lasciatemi andare, vado a farmi un panino alla cultura. Inizio dalla Divina Commedia». Ma ieri il ministro dei Beni culturali, che ieri ha disertato il Consiglio dei ministri («Ero impegnato») ha rincarato la polemica: «Non vado a elemosinare risorse. Chiedo solo che venga continuata la politica di defiscalizzazione dei contributi dei privati al cinema italiano. I fondi al ministero non possono scendere sotto il livello di sopravvivenza». Sul piede di guerra anche il ministro dell'Agricoltura Giancarlo Galan. «Non ci sono soldi, è una tragedia - sbotta - Non vado a elemosinare risorse, ho dimostrato di saper fare riforme che consentono di non rendere esclusivo l'intervento dello Stato sul mio settore».   Ma Tremonti va dritto per la sua strada e ha già messo a punto la tabella di marcia: mercoledì prossimo la prima riunione per cominciare a studiare lo schema di delega della riforma fiscale di concerto con le parti sociali. Lo spazio per il taglio delle tasse è irrisorio. Così l'attenzione - lascia trasparire il ministro - sarà concentrata soprattutto su una rimodulazione delle agevolazioni: «ci sono 242 regimi di esenzione ed agevolazioni, questo vuol dire che l'eccezione è la regola». Quanto alle misure per lo sviluppo i lavori sono in corso. I punti dai quali partire, come indicato da Tremonti, sono il nucleare, la pubblica amministrazione, il Sud, la tematica dei rapporti sociali fino alla riforma fiscale. «Si tratta di riforme che verranno presentate all'Ecofin e che dovranno essere coerenti con il piano di stabilità» ha spiegato il ministro.  

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