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Strage evitata, ma troppi errori

Scontri a Genova

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«Da Belgrado nessun allarme». Così il Viminale all'indomani delle violenze che hanno impedito lo svolgimento dell'incontro Italia-Serbia a Genova. È lo stesso ministro responsabile dell'ordine pubblico, Roberto Maroni a sottolinearlo ieri mattina. Il ministro dell'Interno italiano ribatte anche al collega serbo, Ivica Dacic, con «critica ingenerosa», all'affermazione che a Belgrado non «sarebbbe accaduto». Ma in mattinata sono arrivate le scuse ufficiali del governo serbo. «Ci vergogniamo» è stata la dichiarazione dell'ambasciatore di Belgrado a Roma. E il presidente della Serbia, Boris Tadic, in serata ha chiamato Berlusconi per dirsi dispiaciuto per l'accaduto. Intanto la stampa serba punta il dito sui mandanti: mafiosi ed estrema destra nazionalista. Evidentemente a Belgrado ignorano la situazione dell'ordine pubblico visto quanto è accaduto domenica nella capitale serba messa a ferro a fuoco dagli estremisti nazionalisti. Gli stessi che sono arrivati a Genova organizzati per scatenare la guerriglia. Allo stadio e in città. Una violenza cieca che non si è trasformata in tragedia «grazie alla professionalità delle forze di polizia» e «sono stati evitati incidenti più gravi», come ha detto il prefetto Antonio Manganelli nella sua relazione al ministro. Manganelli ha inoltre fatto presente a Maroni «che era impossibile impedire l'arrivo dei tifosi serbi, sia perché l'abolizione dei visti dalla Serbia rende impossibile il controllo alla frontiera, sia perché non ci sono state specifiche indicazioni sui movimenti dei tifosi da parte delle Autorità serbe che potessero consentire l'adozione di particolari misure di prevenzione». «Ci sono state delle smagliature nel sistema informativo», ha più tardi spiegato il portavoce dell'Osservatorio per la manifestazioni sportive del Viminale, Roberto Massucci, spiegando che «da dicembre la Serbia ha modificato il sistema dei visti per i Paesi extra Schengen, e con il passaporto biometrico non vi è più obbligo di visto».   La Serbia quindi non ha fornito informazioni sulla pericolosità della tifoseria in trasferta. I disordini sono stati «favoriti» ha ammesso il funzionario del Viminale per «controlli carenti» all'ingresso ma anche per la «determinazione criminale dei facinorosi». Smagliature quindi anche nel sistema di filtraggio e così domenica ci saranno maggiori controlli agli ingressi degli stadi italiani. Il bilancio degli scontri a Genova è di 17 arresti, tra i quali un italiano 18enne e sedici feriti. In ospedale anche due carabinieri. Ivan «Coi» Bogdanov, l'ultrà serbo con il passamontagna e le braccia tatuate che ha guidato gli scontri allo stadio, è stato identificato e arrestato. Sarebbe un leader del gruppo Ultra Boys della Stella Rossa di Belgrado, secondo la radio serba B92. Bogdanov è disoccupato e su di lui pendono quattro denunce penali. Su Facebook è subito apparsa una pagina che inneggia al capo ultras.   «Bravo hai fatto bene!», «Sono orgoglioso di te Ivan perchè il Kosovo è la Serbia», «Avanti così Ivan! Ti appoggiamo! Siamo con te!», alcuni messaggi postati. La «vergogna di Marassi» ha scatenato anche la polemica politica. L'Italia dei valori ha chiesto le dimissioni del ministro dell'Interno. Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ha detto che «la responsabilità è soprattutto di Maroni». Preoccupato per il futuro è il sottosegretario agli esteri Mantica: «C'è qualcuno che vuole ostacolare l'ingresso della Serbia in Europa».

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