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È stato sbandierato come il toccasana del governo di centrodestra per l'eternamente asfittica industria cinematografica

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Edeffettivamente il tax credit, la norma che permette di detrarre fiscalmente gli utili investiti nelle produzioni cinematografiche, in pochi mesi di attività, ha dato risultati strepitosi. Ma, improvvisamente, la norma si è vaporizzata, è sparita, forse è stata dimenticata. Fatto sta che, al momento, di quello che era stato il cavallo di battaglia del governo Berlusconi per il rilancio del cinema tricolore, nella nostra legislazione non c'è più traccia. Con effetti tragici. Ed anche, come sempre in Italia, un po' comici. L'aria che si respirava ieri all'Anica, l'Associazione nazionale delle industrie cinematografiche audiovisive e multimediali, durante la conferenza convocata in fretta e furia dalla presidenza, era di difficoltà ed imbarazzo. Difficoltà perché ultimamente quando si parla di soldi quelli di Confindustria sono ben preoccupati, imbarazzo perché una legnata così nessuno se l'aspettava. Si sono fatti trovare, sullo stesso lato dello stesso tavolo: Paolo Ferrari, Giampaolo Letta e Riccardo Tozzi, nell'ordine presidente, vicepresidente e presidente dei produttori Anica. A seguire: Silvano Conti, Maurizio Giustini, Fabio Benigni, la trimurti di settore al completo, rispettivamente Cgil, Cisl e Uil. Di solito non vanno d'accordo... ieri hanno detto tutti la stessa frase: «Il tax credit per il cinema e i suoi lavoratori è una questione di vita o di morte». Insomma, se il tax credit non sarà rinnovato il settore promette battaglia a suon di proteste e scioperi. Giampaolo Letta, dopo una prolusione diplomatica (vecchia caratteristica di famiglia), è sbottato poi in un poco diplomatico: «Questa non è la lamentela di quattro registi sfigati... qui è a repentaglio l'economia dell'intero settore». Nell'aria c'è anche una certa incredulità. Il tax credit, che ha fatto dimenticare i finanziamenti a pioggia in stile sovietico del Fus, ha anche assicurato dal settore maggiori entrate fiscali. Ma allora perché è sparito? Non si capisce bene, comunque ha lasciato in mutande più di una persona. Alla conferenza di ieri c'erano, a vario titolo, tutti i grandi produttori cinematografici. Fulvio Lucisano, preoccupatissimo, che ha due set da lanciare all'inizio del 2011. Angelo Barbagallo che deve «cominciare la produzione di un film, "L'industriale" di Giuliano Montaldo, il 10 gennaio. Seicento mila euro vengono dal tax credit: se non viene rinnovato entro la prossima settimana non posso più fare il film». Domenico Procacci, fondatore della Fandango, che ha prodotto kolossal del calibro di «Gomorra», propone a sorpresa di recuperare soldi dal Superenalotto e di investirli nel cinema. Riccardo Tozzi, che oltre ad essere padrone di casa all'Anica è il deus ex machina di Cattleya, che attualmente ha primo in classifica nelle sale «Benvenuti al Sud», è impietoso. «La nostra è un'industria matura - ruggisce - Non può essere messa in ginocchio da un atto di malgoverno. Di cui, peraltro, non si capisce la ragione, visto che il tax credit genera all'erario entrate in positivo. I tempi del mondo non sono quelli della politica italiana... ma sono loro che si devono adeguare».

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