Fini è il nuovo idolo del compagno Santoro
Sarà l'intervista che passerà alla storia non tanto per l'intervistato quanto per l'intervistatore. Sarà ricordata non tanto per le risposte quanto per le domande. Avrà colpito non tanto per ciò che viene detto ma per ciò che viene taciuto. A vedere l'intervista realizzata per Annozero da Sandro Ruotolo, uno che ha rischiato la vita almeno un paio di volte in Sicilia e in Albania (lo racconta proprio lui sul sito della trasmissione), a Gianfranco Fini, la novità sta nei toni. Anzitutto non sembra l'intervista di un programma corrosivo, battagliero, a tratti rivoluzionari come quello di Michele Santoro. Sembra più una intervista da rotocalco pomeridiano, quelle trasmissioni che adesso si chiamano di infotainment, a metà tra l'informazione e l'intrattenimento. Più che un faccia a faccia è una chiacchierata davanti al caminetto, stavolta sostituito da una finestra che dà su piazza Montecitorio. Ruotolo ha un tono accondiscendente. Per esempio, si parla di tv pubblica e Fini annuncia: «Fuori i partiti dalla Rai, è arrivato il momento di privatizzare l'azienda». Nessuno gli ricorda della accuse mosse da Guido Paglia, direttore delle relazioni esterne della Rai, che ha detto di esser stato convocato da Fini nel suo ufficio dove il presidente Camera gli avrebbe fatto pressioni perché facesse lavorare il cognatino Giancarlo Tulliani. Neanche un quesito su come fosse possibile che la suocera partecipasse a una trasmissione Rai alla modica cifra di ottomila euro a puntata per quasi un milione e mezzo complessivo. Di Montecarlo si parla solo in due passaggi, uno è per chiedere a Fini di smentire quanto detto da un cittadino monegasco a Porta a Porta, ovvero che la Tulliani (che il presidente della Camera chiama «la signora Elisabetta») fosse coinvolta nei lavori di ristrutturazione dell'appartamento. L'intervistatore ha la testa reclinata, come estasiato da quel dolce parlare. E forse c'è anche qualche delusione perché Gianfranco non attacca mai Berlusconi. Tuttavia, la novità sta nel fatto che Fini sia andato in una trasmissione di Michele Santoro (non accadeva da quattordici anni) e che Santoro abbia cambiato il suo idolo di riferimento: se negli ultimi due anni era stato Antonio Di Pietro adesso è diventato il leader occulto di Futuro e Libertà. Come d'altro canto fu ai tempi di Samarcanda, pre Mani Pulite, quando l'allora segretario del Msi fu lanciato proprio dalle trasmissioni di don Michele. Per il resto l'ex cofondatore del Pdl ripete una serie di concetti già detti spesso in passato, ripete frasi già pronunciate e smorza anche gli accenti nei confronti del Cavaliere. Al punto che la posizione di Fini può essere riassunta così: non credo ad elezioni a breve. Anzi. Berlusconi vada avanti, governi. Anche perché finalmente ha capito che nella maggioranza esiste una «terza gamba», Fli (anche se per la precisione dice che ce n'è anche una quarta, l'Mpa di Lombardo). Conferma il sì al lodo Alfano costituzionale, pone i paletti al processo breve (non sia applicato ai processi pendenti). Via libera alla legge elettorale. E nel caso caschi il governo, il presidente della Camera risponde Costituzione alla mano: prima di sciogliere il Parlamento bisogna verificare se ci sono le condizioni per una nuova maggioranza. Per la precisione, Fini dice: «Berlusconi non ha mai minacciato le elezioni? Ne prendiamo atto con viva soddisfazione. Ora Berlusconi governi». «Io ho detto agli amici di Fli di tenersi pronti al voto, perché ogni giorno c'è chi parla di voto anticipato. Bossi lo ha fatto anche oggi malgrado le parole del premier». E ci tiene a precisare: «Credo all'ipotesi di urne anticipate a marzo». Spiega che «la famosa terza gamba, che qualcuno ha esorcizzato, si è di fatto costituita. Non è più sufficiente presentare le proposte nella maggioranza - avverte Fini - ma sarà necessario concordarle». Sulla legge elettorale il leader di Fli sottolinea: «Non penso sia una provocazione parlarne, né un tentativo di minare una solida maggioranza. Ma si tratta di un elemento di discussione che in tanti, anche nella maggioranza, dovrebbero fare». Infine ribadisce ancora una volta: «Non mi dimetto». La terza carica dello Stato ripete quanto afferma da mesi: «Il presidente della Camera ha il dovere di rappresentare le istituzioni e di guidare i lavori della Camera nel rispetto delle regole, e io non sono mai venuto meno al mio dovere».