Una battuta non incrina l'asse Chiesa-Governo

L'editoriale di Marco Tarquinio su Avvenire e l'articolo dell'Osservatore Romano erano inevitabili. Inaccettabile la bestemmia pronunciata dal premier al termine di una barzelletta, documentata da un video diffuso sul web dall'Espresso e Repubblica. Una bestemmia non può passare sotto silenzio, né da parte dei vescovi né da parte della Curia. Ma, dietro la richiesta di «sobrietà» avanzata dal quotidiano dei vescovi, ma prima ancora – e a più riprese – dalla stessa Cei (un richiamo riferito però all'intera classe politica), dietro il puntare il dito contro «le battute riprovevoli» del premier da parte del quotidiano della Santa Sede, c'è invece un rapporto saldo con il governo italiano. E non potrebbe essere altrimenti. Perché i temi da discutere sul tavolo sono importantissimi: si va dalla legge sul fine vita, a cui il mondo cattolico tiene moltissimo, al quoziente famigliare, ovvero la detrazione delle tasse in base al numero dei componenti della famiglia, passando per l'applicazione di un federalismo «solidale» che tenga in considerazione l'unità del Paese. Temi dei quali hanno parlato gli stessi vescovi nell'ultimo Consiglio Permanente, la scorsa settimana. La Santa Sede tiene saldo l'asse con il governo italiano. A fare da garante, Gianni Letta, sottosegretario della presidenza del Consiglio. Ma anche Antonio Zanardi Landi, ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, che più volte in questi mesi ha giocato il ruolo del «ricuciture pubblico» dei rapporti tra governo e Santa Sede. Un ruolo necessario e prezioso. Insomma, se l'obiettivo era scatenare una reazione, si può dire che Repubblica e l'Espresso ci sono riusciti. Se l'obiettivo era portare ad una rottura dei rapporti, di certo non basterà una barzelletta, come non bastò la crociata morale su Noemi Letizia e come non è bastato nemmeno il caso Boffo. Ci possono essere frizioni, polemiche, anche fastidio. Ma il rapporto diplomatico è tutta un'altra cosa. Ci sono molte sfumature, che si leggono nella diversa forma in cui Avvenire e l'Osservatore Romano hanno trattato la vicenda della bestemmia: il primo con un editoriale firmato dal direttore, il secondo con un articolo di «cronaca». In ambito Cei, in particolare attorno ad alcuni gruppi marginali di un movimento religioso molto in voga, da tempo si preme perché si pungoli sulla cosiddetta «questione morale». La teoria è che «la Chiesa deve fare qualcosa». Da qui vengono molte mistificazioni, dichiarazioni di singoli fatte passare per l'opinione o della Santa Sede o dei vescovi italiani, magari vanificando lo sforzo sottotraccia che vescovi e Santa Sede fanno per portare avanti le istanze cristiane. L'idea di fare qualcosa per far cadere il governo non tiene nemmeno conto dei pronunciamenti di Benedetto XVI. Che parla sì di morale, ma volando sempre molto alto, e staccandosi dalle contingenze. Che chiede sì una nuova generazione di politici cattolici, ma non con lo scopo di spazzare via una classe dirigente, ma di «vincere il male con il bene», secondo l'insegnamento paolino. Non si sostiene l'una o l'altra parte politica. Si lavora da cattolici all'interno, per favorire il bene comune. E di bene comune ha parlato anche il cardinal Bagnasco, nella prolusione dell'ultimo Consiglio Permanente. C'è uno scarto netto tra la preoccupazione «pastorale» della Chiesa per la persona umana (che, va da sé, tocca anche campi come l'economia, il lavoro, la politica) e la volontà di alcuni di trasformare questo in una pressione politica. Nel frattempo, la diplomazia vaticana continua il suo lavoro. Non rompe con il governo, ma prosegue sulla linea del dialogo. La posta in gioco è troppo importante.