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Sinistra ostaggio delle barzellette

Pierluigi Bersani

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Silvio Berlusconi non me ne vorrà se gli dico con molta franchezza e amicizia che le barzellette purtroppo non sono il suo forte, per quanto impegno egli ci metta nell'inventarle, o nel ricordarle quando  gliene riferiscono di nuove per compiacerlo, o nel raccontarle a sua volta, magari con varianti infelici. Ma ancora più spiacevoli degli infortuni nei quali gli capita di inciampare su questo terreno sono gli eccessi nei quali incorrono nelle loro reazioni i suoi avversari. Che si lasciano puntualmente travolgere dalla voglia grottesca di usare anche le sue sfortunate barzellette come ordigni nella loro interminabile guerra contro di lui. Via, signori dell'opposizione, cercate di essere finalmente seri.O solo di riflettere sui danni elettorali che vi ha già procurato l'incapacità di contenere in limiti ragionevoli l'ostilità nei riguardi di un uomo la cui sola o principale colpa resta quella di piacere più di voi alla maggior parte della gente comune. Che non si riconosce nei cortei dove si insulta Berlusconi con grida e cartelli, come l'altro ieri nelle strade di Roma, ben più gravi di certe sfortunate barzellette del Cavaliere. Compresa la bestemmia avvertita nello sgradevole battuta con la quale il presidente del Consiglio ha tradotto al maschile, in un gioco che poteva obbiettivamente risparmiarsi, l'orchidea attribuitasi da una immaginaria Rosy Bindi in procinto di ballare. Chissà perché la presidente del Pd riesce a far saltare così spesso il difettoso sismografo dell'ironia a Berlusconi, già caduto una volta nel cattivo gusto anticipato da Vittorio Sgarbi di irridire alla Bindi definendola «più bella che intelligente». Forse la causa sta nel tasso smisurato di antiberlusconismo che l'ex ministra della Sanità dimostra ogni volta che le capita di parlare del Cavaliere, dei suoi progetti politici e delle sue vicende giudiziarie: un tasso che la presidente del Pd ha appena mostrato di volere applicare anche contro l'arcivescovo Rino Fisichella. Che nella sua veste di «pastore della mia Chiesa» ha osato deluderla lasciandosi tentare dalla voglia di «contestualizzare» le parole di Berlusconi per ridurne l'impatto. Povero monsignor Fisichella. Già in odore di peccato per la stima e l'amicizia guadagnatesi presso quella rompiscatole e pericolosa reazionaria che per le sue posizioni contro il fondamentalismo islamico era diventata agli occhi di una certa sinistra Oriana Fallaci, morta praticamente fra le mani e il conforto dell'arcivescovo, egli merita forse agli occhi della Bindi di finire ora nel «sabbione» del terzo girone del settimo cerchio dell'Inferno di Dante. Dove si trovano «coloro che fanno forza ne la deitade, negando e bestemmiando quella», come dicono i versi del quattordicesimo canto dantesco riproposti ieri dal Corriere della Sera ai propri lettori, con una celebre illustrazione di Gustav Dorè, a corredo di un articolo di Vittorio Messori polemico nei riguardi di Berlusconi. E critico in fondo anche con l'indulgente tentativo di monsignor Fisichella di risparmiare al Cavaliere una condanna per «cosciente blasfemia». Curiosamente, ma non troppo, proprio uno dei vice direttori del Corriere della Sera, Massimo Mucchetti, ha ieri tirato le orecchie a monsignor Fisichella nella rassegna stampa radiofonica della terza rete della Rai, Prima Pagina. In particolare, raccogliendo e rilanciando la telefonata di protesta di una lettrice, egli ha polemicamente catalogato l'arcivescovo e teologo caro all'attuale Pontefice fra i prelati che preferiscono Berlusconi e, più in generale, il centrodestra al centrosinistra perché convinti che la Chiesa possa ricavarne maggiori utili in termini economici e legislativi. Musica forse per una cattolica «adulta» come Rosy Bindi. Della quale, scusatemi, mi torna alla mente in questo momento la foto un po' devastante, per il suo carattere politicamente emblematico, che la ritrasse qualche mese fa accanto a quella sfacciata escort di Patrizia D'Addario durante una delle solite manifestazioni di piazza contro Berlusconi.

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