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A piazza San Giovanni la sfilata del "bestiario"

Un manifestante impersona Berlusconi in manette al No B-day di Roma

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Ad aprire il corteo sono dei pupazzi umani che raffigurano Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti, Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Il premier di cartapesta ha al collo un cartello con su scritto «Il partito dell'amore» e ha in mano da un lato un bastone, dall'altro delle banconote. «Ha comprato tutti - dice il ragazzo travestito da Silvio - e ha bastonato e bastona chi non riesce a comprare», spiega. Un altro pupazzo, questa volta inanimato, raffigura il Cav che sorride a trentadue denti, mentre si è appena tolto dal volto la maschera di un grosso maiale. «È lui il vero porco», ti spiegano coloro che se lo trascinano lungo il corteo. Silvio ammanettato è un classico, in piazza ce ne saranno cinque o sei. Come «immagine stilizzata» viene battuta solamente da quella di «Berlusconi mafioso». Una ragazza se l'è addirittura scritto in faccia. Un anziano signore ha avuto un'idea originale e viene applaudito da tutti: ha costruito il «lettino dorato regalato a Silvio dall'amico Putin». È una piccola bara. «Prima o poi Iddio ci farà la grazia», spiega orgoglioso. I cori sono tutti un insulto. Quello che va per la maggiore è «Fuori la mafia dallo Stato, fuori Schifani dal Senato». Un piccolo gruppo di ragazze invece canta: «Berlusconi puttaniere, l'ignoranza va al potere». Applausi generali. In generale quelli più arrabbiati sono i precari della scuola. «Siamo la scuola statale, abbiamo un sogno nel cuore...Berlusca a San Vittore, Berlusca a San Vittore» ripetono continuamente andando da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni. Lungo il percorso incontrano un altro gruppo di «colleghi precari». Non vogliono certo essere da meno: «La vogliamo la Gelmini? Nooo. Lo vogliamo Giulio Tremonti? Nooo», urlano. Poi - immancabilmente - tirano dentro anche il Cav: «Lo vogliamo Berlusconi? Siiii! Ma per appenderlo per i maroni, ma per appenderlo per i maroni», recita il «simpatico» jingle. I «simpaticoni» non risparmiano neanche il Partito democratico: «E lo vogliamo Veltroni? Siiii, ma per appenderlo non ha i maroni, non ha i maroni no no no». Mariastella Gelmini si becca anche fischi e diti medi alzati da un altro gruppo, in generale il più «pacifico e festoso». A proposito di pace e amore, i classici «Berlusconi pezzo di merda» e «Silvio Silvio vaffanculo, Silvio Silvio vaffanculo» sono urlati a gran voce. Non mancano le frecciatine per il Carroccio: «Fuori la Lega dall'Italia», urlano alcuni ragazzi giovanissimi. «La Padania non esiste, la Padania non esiste», rispondono altri. Una nuova interpretazione dell'ormai inflazionato SPQR che campeggia su un cartellone raccoglie applausi scroscianti: «Se Passi (da) Qui (ce) Rimani», recita. Questo il Popolo Viola, quello in festa, che difende la democrazia, la libertà di pensiero e il pluralismo. Questo il clima festoso del No B-Day, il ritorno. L'odio, quello che ha prodotto il clima politico bollente di questi giorni e l'agguato al direttore di Libero, con questa «piazza in festa» non c'entra nulla: «L'attentato a Belpietro sta a noi come un incidente ferroviario sta a un'operazione chirurgica: non c'entra niente - spiega Gianfranco Mascia del Popolo Viola - Se noi diciamo che Belpietro ha subito quel che ha subito per colpa di qualcuno, è per colpa di coloro che istillano odio nelle istituzioni dal loro ruolo istituzionale. È quello che racconta le barzellette razziste, non siamo certo noi, ma il nostro Premier». E ti pareva che Berlusconi, che per i frequentatori di questo tipo di manifestazioni è il responsabile di tutti i mali dell'Universo (dall'estinzione dei dinosauri alle stragi di mafia nel '94), non era anche il responsabile di quanto accaduto a Belpietro? In questo pacifico e tranquillo «zoo della politica» (chissà se Sergio Marchionne pensava anche a loro) non poteva certo mancare Antonio Di Pietro. Il leader dell'Idv è nel suo habitat naturale, circondato dalle bandiere del suo partito e da ragazzi e ragazze che lo fermano per fargli vedere i cartelloni che hanno preparato per l'occasione: le frasi «Berlusconi stupratore della democrazia» e «Berlusconi spregiudicato illusionista anzi pregiudicato illusionista» per questa gente sono ormai un cult. «Bravo Tonino! Sei stato un grande alla Camera, grazie. Sei tutti noi». Dire che «Tonino» sia galvanizzato è dire poco. Chi sproloquia nell'Aula di Montecitorio come può non concedere un bis ai suoi fan, in quella che - a forza - ha voluto far diventare - anche - la sua piazza? Lo show è servito: Berlusconi è un «violentatore della democrazia», ribadisce il leader dell'Idv. Poi, rivolgendosi direttamente al premier, dice: «Se tu, con la tua maggioranza comprata, se non vorrai farmi entrare alla Camera, noi faremo un Girotondo intorno al Parlamento per parlare il linguaggio della verità». Quanto all'azione disciplinare avviata nei suoi confronti, Tonino dice: «Se mi sospendono, appena rientro in Aula riprendo pari pari il discorso in cui non ho fatto altro che fotografare la verità: non è colpa mia se Berlusconi si è dimostrato un violentatore della legalità, della democrazia e delle istituzioni. Lo dirò fino all'ultimo respiro. La colpa quando c'è un tumore non è del medico che lo certifica, ma è del tumore e della metastasi che esso provoca».   In piazza, applauditissimo, c'è anche Nichi Vendola. Su quanto accaduto al direttore di Libero non ha dubbi: «Non bisogna avere esitazioni nell'esprimere solidarietà a Belpietro perché la vita degli avversari ci è preziosa e la loro voce ci è indispensabile. Soltanto chi sente che le proprie idee sono debolissime - spiega - può simpatizzare con coloro che pensano di combattere le idee degli avversari spegnendo la loro voce». A chi infine addita la piazza come fonte del clima d'odio che si respira nel Paese, il governatore della Puglia replica dicendo: «Non è da questa piazza, ma da Palazzo Chigi che da lungo tempo si è alzato un vento d'odio, e dai giornali vicini al presidente del Consiglio». In effetti Vendola era rimasto l'unico a non vedere la responsabilità di Berlusconi anche nella diffusione della fastidiosissima zanzara tigre.  

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