Toghe rosse e Silvio ai ferri corti
Neanche il tempo di godersi la relativa tranquillità per i due voti di fiducia incassati alla Camera e al Senato, e Silvio Berlusconi è nuovamente sulla graticola. A scatenare la polemica un video «rubato» (e pubblicato sul sito di Repubblica) mentre il premier colloquia con alcuni sostenitori sotto Palazzo Grazioli. È mercoledì sera, giorno del compleanno del Cavaliere, dopo una giornata trascorsa alla Camera Berlusconi scende in strada per salutare un gruppetto radunato davanti all'ingrezzo della sua residenza romana. E coglie la palla la balzo per attaccare i giudici e chiedere l'apertura di una commissione di inchiesta sulle toghe di sinistra. «C'è un processo, il processo Mills, che è tutta una barzelletta - esordisce -. Il pm di Milano, De Pasquale, che è quello che ha attaccato Craxi, fatto morire Cagliari (Gabriele ndr), visto che il processo sta arrivando alla prescrizione si è inventato la seguente storia: il reato di corruzione c'è quando il corruttore dà i soldi al corrotto. Ma per lui no, si è inventato che c'è il reato di corruzione soltanto quando il corrotto comincia a spendere i soldi. La cosa drammatica e tragica è che tre diversi collegi, primo grado, secondo grado, appello e Cassazione, hanno asseverato questa tesi, dimostrando quindi che c'è un accordo tra i giudici di sinistra che vuol sovvertire il risultato elettorale, e che attraverso questo accordo, questa interpretazione assurda della giustizia, vogliono eliminare colui che è stato eletto... quindi c'è un macigno sul nostro sistema democratico, che è costituito da questa organizzazione interna...ci sarebbe da chiedere una commissione parlamentare che faccia nomi e cognomi e dica se, come credo io, c'è una associazione a delinquere nella magistratura». E ancora: «In che mani è la sovranità del Paese? È nelle mani dei pm di sinistra. Dovete essere sicuri che io sono disperato, certe volte. Tutte le volte che c'è un processo che mi riguarda mi danno dell'impunito. E invece nessuno, nemmeno uno dei fatti che mi sono contestati nei processi sono fatti veri». Parole che hanno un effetto dirompente anche perché rese pubbliche nel giorno in cui il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, proprio parlando di giustizia, invita a mettere da parte «sterili contrapposizioni» perché l'Italia ha bisogno di interventi di «ampio respiro». E così la polemica infiamma. L'Associazione nazionale magistrati parla di «invettive che alimentano il clima di tensione», mentre dentro la stessa maggioranza c'è chi, come Futuro e Libertà, torna a sottolineare di non essere disponibile a sostenere il processo breve, apertamente caldeggiato invece dal premier.