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Su Gianfranco resta l'ombra di Montecarlo

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Ieri a Roma, mentre Berlusconi parlava, mentre Fini faceva il presidente della Camera, mentre i finiani davano la fiducia al governo e mentre nasceva ufficialmente il nuovo partito di Futuro e Libertà, sugli affollati spalti di Montecitorio aleggiava lui: Giancarlo Tulliani, la sua Ferrari, le sue società off-shore e la sua casetta di Montecarlo. Perché anche con la pace armata di Bocchino&C e anche se il cognato non è stato menzionato nemmeno una volta negli interventi di ieri, il caso resta aperto. Sia nel Principato dove gli agenti del fisco continuano gli accertamenti sui due passaggi di proprietà dell'appartamento di Palais Milton, sia a Piazzale Clodio dove i pm sono ancora in attesa del supplemento di rogatoria chiesto alle autorità monegasche. Dopo il video di Fini a pc unificati e dopo la conferenza stampa del ministro della giustizia di Santa Lucia, Rudolph Francis, che ha definito autentica la lettera nella quale si afferma che dietro le società off-shore ci sarebbe Tulliani, dalla procura ribadiscono infatti che «nulla è cambiato». L'inchiesta, affidata al procuratore Giuseppe Ferrara e all'aggiunto Pier Filippo Laviani, viene avviata dopo una querela da parte di Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte, militanti della Destra di Francesco Storace. I magistrati, dunque, puntano esclusivamente ad accertare il prezzo della vendita dell'immobile di boulevard Princesse Charlotte. Il 5 agosto viene inoltrata una rogatoria internazionale per sollecitare il Principato a consegnare atti sul passaggio di proprietà. L'inchiesta subisce un accelerazione il 14 settembre con l'audizione dell'ex tesoriere di An, il senatore Francesco Pontone, che seguì tutta la pratica. Ai magistrati racconta che la vendita fu decisa «dal partito» e di essersi limitato ad eseguire quanto era stato stabilito da Alleanza Nazionale. Poi vengono ascoltati il deputato del Pdl, Donato Lamorte, e Rita Marino, segretaria particolare dell'allora presidente di An, Gianfranco Fini. I due effettuarono un sopralluogo dopo l'avvenuta donazione dell'immobile da parte della contessa Colleoni. I pm ascoltano anche il senatore del Pdl, Antonino Caruso che per circa un anno si è occupato delle pratiche relative alla successione dell'immobile: ai magistrati racconta che il suo ruolo nella vicenda sarebbe stato quello di seguire i passaggi burocratici legati all'eredità. Inoltre avrebbe aggiunto di non essere mai entrato nell'abitazione e avrebbe negato di aver ricevuto richieste di acquisto dell'appartamento per cifre superiori a quelle ottenute dalla vendita. Il 20 settembre in procura giungono da Montecarlo gli atti relativi alla compravendita dell'appartamento compreso l'originale del contratto d'affitto tra la società offshore proprietaria e Tulliani e le firme apposte, secondo quanto accertato dagli inquirenti, non sono identiche. Si tratta, però, di una documentazione incompleta: mancano alcuni atti di natura fiscale necessari per verificare la valutazione fatta dell'immobile in sede di successione. Per questo motivo da Piazzale Clodio è partito un supplemento di rogatoria. Nel frattempo, il 22 settembre la Guardia di Finanza si reca nella sede di An dove acquisisce alcuni documenti tra cui la dichiarazione di successione, l'atto necessario al partito di Fini per entrare in possesso del lascito. Atto in cui viene indicato in 1 milione e 800 mila franchi (circa 270 mila euro) il valore dell'immobile. I magistrati vogliono aspettare i nuovi documenti dal Principato ma, si sottolinea, che le verifiche andranno avanti fino a quando non sarà definito il valore immobiliare dell'appartamento. Con o senza la fiducia dei finiani al governo, con o senza la nascita del nuovo partito di Gianfranco, con o senza elezioni, la roulette del gran casino di Montecarlo continua a girare.

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