Senato, Fini strilla Granata Fli batte le mani a Silvio
A Gianfranco Fini non è piaciuto quel no di Fabio Granata alla fiducia al governo. Non l'ha digerito. E infatti il deputato siciliano è stato il destinatario di un «cazziatone» del presidente della Camera. La ragione sta nel fatto che l'ex leader di An teme che se vi sono state defezioni nel suo gruppo su un voto così solenne come la fiducia al governo, figuriamoci sugli altri provvedimenti. Se Fli non resta compatta in un passaggio così determinante rischia di schiantarsi su voti anche meno importanti. Quello di Granata è un precedente che può diventare pericoloso per Futuro e Libertà perché rischia di dissolvere qualunque disciplina di partito. Ma i finiani sono adesso alle prese anche con un'altra divisione. Quella tra il gruppo alla Camera e quello al Senato. Una divergenza che è stata plastica nelle due giornate alla presenza di Berlusconi. Mercoledì i deputati non hanno mai applaudito il discorso del premier. A parte quella singola defezione (Consolo e Catone sulla giustizia, la Polidori sui provvedimenti economici per esempio) sono rimasti tutti pressoché immobili durante il dibattito a Montecitorio. Flavia Perina mostrava il suo distacco leggendo un giornale. Enzo Raisi è arrivato verso la fine del discorso del presidente del Consiglio. Alessandro Ruben è stato vistosamente invitato a tenere le mani in tasca. Tutto diverso ieri al Senato. Intanto i senatori di Fli hanno scelto di sedersi nei banchi alti del Pdl (alla Camera sono tra Pdl e Lega) e poi hanno plasticamente approvato molti passaggi del discorso di Berlusconi battendo le mani. E la stessa dichiarazione di replica del capogruppo Pasquale Viespoli è stato anche più esplicito. Rispondendo a un ex An rimasto nel Pdl Domenico Nania intervenuto poco prima: «La fiducia consente di dimostrare al gruppo Fli di essere una forza leale, responsabile, consapevole del valore della stabilità». Sottolinea che Fli non è terzopolista e spiega: «Noi riteniamo che la legislatura debba andare avanti». Viespoli frena pure sul partito: «Per ora siamo solo un movimento, un coordinamento politico-culturale». Martedì ci sarà la prima riunione del comitato promotore del nuovo soggetto politico e avrà le somiglianze di una sorta di lista Fini. In parte avrà una struttura partito, come era An. In parte invece avrà una struttura alla Obama, sfruttando molto internet, i circoli virtuali e i social network. Sotto questo punto di vista è un esperimento a tutto tondo visto che Fini, ad eccezione del Secolo d'Italia, non ha televisioni o giornali direttamente controllati e dunque deve sfruttare comunicati alternativi.