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Battute e insulti, è la solita sinistra

Il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro

Casini si ritrova un partito bonsai

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La diretta televisiva incombe, l'applauso langue. E allora serve un'invenzione, un colpo di teatro. Che sia un insulto o una battuta poco conta. La claque si scatena, l'avversario si arrabbia, l'atmosfera si surriscalda e l'audience s'impenna. In una giornata priva di grandi emozioni (i numeri della maggioranza non sono mai stati veramente in discussione), l'opposizione è stata costretta a cercare un po' di visibilità con i mezzi a propria disposizione. Antonio Di Pietro con gli insulti, Pier Ferdinando Casini con una dichiarazione d'affetto (seguita da gesti e sguardi) al Cavaliere, Pier Luigi Bersani con la sua ironia in salsa emiliana. Il primo a parlare è stato il leader dell'Idv che, oltre ad una mezza protesta dei deputati del Pdl (solo una parte ha lasciato l'Aula ndr), farcita di «buffone» e «stai zitto», è stato più volte richiamato all'ordine da Gianfranco Fini ed è riuscito nell'impresa impossibile di far comunicare il presidente della Camera con quello del Consiglio. Accusato di essere uno «spregiudicato illusionista», «un pregiudicato illusionista», il «capo piduista», il successore di Nerone, un «maestro di massoneria deviata», «l'inventore di una corruzione di nuovo conio», uno «stupratore della democrazia», la «testa della piovra politica», il premier è balzato in piedi spazientito e, rivolto a Fini, ha chiesto un intervento. Se si eccettua lo sguardo che Berlusconi ha rivolto all'avversario all'inizio del suo intervento, è stato l'unico momento di contatto tra i due. Di tutt'altro tenore il discorso di Casini. Il leader Udc, in mezzo a considerazioni politiche serissime, ha infilato una timida battuta: «Signor presidente del Consiglio, le voglio bene, lei lo sa; è un mio punto debole, sono buono come lei. Lei oggi è venuto qui e ci ha spiegato che c'è stata una scissione all'interno del'Udc. Io pensavo che fossimo qui perché vi era stata una scissione nel Pdl». Grandi sorrisi di Silvio che, alla fine, ha cercato Pier con lo sguardo tributandogli un saluto militare. La risposta è stato un eloquente gesto della mano quasi a dire: «Mannaggia a te». E siamo a Bersani. Il segretario del Pd ha iniziato subito con una battuta: «È la seconda volta in 28 mesi che lei interviene alla Camera. La prima volta fu per l'insediamento, e concluse il suo discorso con uno squillante "viva il Parlamento". Da allora, qui, non l'abbiamo più sentita». Quindi è passato alle «promesse che non arrivano mai» e «marciano sulla Salerno-Reggio Calabria», ai «cinque punti di ribollita», alla «fiducia del cerino». Senza dimenticare di descrivere il premier come «l'impresario» del teatrino della politica. Berlusconi li ha guardati e ascoltati tutti e tre, qualche volta si è messo la mano sul viso e, per un attimo, i presenti hanno pensato quello che lui stesso, con una battuta, ha detto al capogruppo Idv Massimo Donadi dopo il suo intervento in Aula: «Non può negare che sto trascorrendo un compleanno di merda».

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