Ciarrapico ne fa un'altra: "Fini ordini le Kippah"
Nel «teatrino della politica» lui, "il Ciarra", non poteva certo mancare. Silvio Berlusconi è al Senato per chiedere la fiducia sui cinque punti. È finita l'estenuante conta dei voti di Montecitorio: a Palazzo Madama il governo non ha bisogno del pallottoliere per ottenere, non sono la maggioranza, ma anche l'autosufficienza (ovvero la maggioranza con i soli voti di Pdl e Lega), e allora - per non farsi mancare niente, dopotutto alla Camera i toni erano stati accesi e l'atmosfera più briosa e divertente - va in scena il «caso Ciarrapico». Del resto la battuta imbarazzante, l'ormai classica «sparata» fuori luogo che fa insorgere l'opposizione e arrossire la maggioranza, stavolta proprio non può venire dall'indiscusso leader in materia, Umberto Bossi. Il Senatùr si è appena scusato dopo aver storpiato l'acronimo SPQR, dando dei «porci» ai romani, riuscendo così ad evitare una pericolosissima mozione di sfiducia. Un bis così repentino probabilmente non verrebbe capito. E allora, tranquilli, ci pensa il "Ciarra". Lui - romano ed ex presidente della Roma calcio - non può certo prendersela con la Capitale. L'anziano imprenditore ha pensato a un classico. Ma andiamo con ordine. Berlusconi ha da poco finito il suo discorso programmatico e il senatore del Pdl, prende la parola. Ha settantasei anni. Parla a fatica, appoggiato sullo scranno di Palazzo Madama. Non può certo urlare. L'impressione è che se potesse lo farebbe. È arrabbiato. In cuor suo sa chi è il nemico. Sembra averlo d'avanti agli occhi. Con un filo di voce si rivolge al premier: «Presidente, ieri Ella ha nobilmente ignorato che c'erano 35 rinnegati ala Camera dei deputati», spiega. L'editore romano ci tiene a dare a Berlusconi la sua versione dei fatti: «Ella, signor presidente, pensava che fosse casuale quel rinnegamento? No, era necessario, perché era stato impartito un ordine: non farci raggiungere i fatidici 316 voti - dice - Non erano quindi rinnegati casuali, erano rinnegati mandati, erano rinnegati che avevano un compito da svolgere, signor presidente; 35 parlamentari che non sarebbero stati eletti se non li avesse fatti eleggere lei e torneranno nell'ombra, come nell'ombra tornerà quella terza carica dello Stato che ella molto generosamente gli aveva affidato». Quando il senatore parla di Gianfranco Fini, le sue parole diventano più dure e il vero show ha inizio: «Fonderà un partito» dice e, senza scomporsi un attimo, aggiunge: «Speriamo che abbia già ordinato le kippah (il tradizionale copricapo degli ebrei, ndr) con le quali si presenteranno, perché di questo si tratta: chi ha tradito una volta tradisce sempre». Il "Ciarra" ci è riuscito. Ha scioccato tutti. Non solo. È anche riuscito a mettere tutti d'accordo (finiani e berluscones compresi). Le condanne e le accuse di antisemitismo arrivano bipartisan. «Le parole del senatore Ciarrapico sono totalmente inaccettabili», replica il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. Il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro chiede al premier di dissociarsi immediatamente dalle dichiarazioni di Ciarrapico: «Anche questa una battuta infelice?» gli domanda. Anche per il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, quella di Ciarrapico «è una frase da condannare. Spero che rettifichi e chieda scusa». Il «rinnegato» Luca Barbareschi parla di «parole imbecilli», metre il berlusconiano doc Giancarlo Lehner ne chiede «l'espulsione dal Parlamento». Ciarrapico, alla fine, interviene per una precisazione. Al senatore proprio non è andata giù la scena di Fini che, per le strade di Gerusalemme, passeggiava avendo sul capo la kippah. «Io - spiega - mi metto la kippah quando vado al Museo dell'Olocausto, non per passeggiare. Fini, a Gerusalemme, quando disse che il fascismo è il male assoluto, passeggiava con la kippah». Poi, però, chiarisce: «Non ho nulla contro gli ebrei. La mia famiglia ha l'albero dei giusti perché abbiamo difeso e nascosto gli ebrei quando erano perseguitati. Conta la storia personale, è quella che resta». Conclude con un aneddoto su Fini: «Mi ricordo quando venne al Secolo d'Italia. Lo accompagnò un camerata e fece anticamera per molte ore prima di vedere Almirante. Da allora si è attaccato al polpaccio e non ce ne siamo più liberati». Berlusconi, per evitare «che una parola sfuggita di bocca a un nostro senatore» causi ulteriori polemiche, nella replica del pomeriggio interviene sul «caso Ciarrapico»: «In tutta la mia vita sono sempre stato amico di Israele. Tutelare Israele significa tutelare i nostri stessi valori. Anch'io mi sento israeliano», spiega. Il "Ciarra" è salvo. Deputati e senatori della maggioranza, però, sono avvisati: non è più tempo di «teatrini».