Silvio strappa all'opposizione solo 14 voti
Alla fine il pallottoliere si è fermato a quota 342. Che in un altro momento sarebbe stato un ottimo risultato ma che, con l'aria che tira, ha l'effetto di una grossa ipoteca sul futuro politico del governo e di Silvio Berlusconi. Già, perché quel 342 significa 7 voti in più rispetto a quelli che il premier ottenne nel 2008 quando, appena eletto, si presentò a Montecitorio per chiedere la fiducia. Ma significa anche che, senza i finiani e il Mpa di Raffaele Lombardo la maggioranza rischia. Il premier, infatti, non è riuscito a conquistare quei moderati che gli avrebbero permesso di dormire sonni tranquilli. Certo, gli uomini vicini al presidente della Camera contano i distinguo di Mirko Tremaglia e Fabio Granata che, a differenza degli altri compagni di Fli, scelgono il «no». E così, complice il fatto che Fini non vota e che Roberto Menia non è riuscito a farlo perché ha sbagliato i tempi, si fermano a quota 31. Se a loro si aggiungono quattro dei cinque voti del Mpa (Aurelio Misiti non ha partecipato), significa 36 deputati pronti a mollare, in ogni momento, la barca berlusconiana. Che ne è stato della pattuglia di «salvatori della Patria» più volte evocati in queste settimane? I tre Liberaldemocratici di Daniela Melchiorre hanno optato per il «no». Qualcuno dice per la mancata concessione di un posto da sottosegretario, ma il risultato non cambia. La pattuglia di Noi Sud guidata da Enzo Scotti, accreditata di cinque voti, si è fermata a 4 visto che Antonio Gaglione, uno dei parlamentari più assenteisti, ha deciso di non mettere in discussione la sua fama. Come da copione i 5 sì degli ex centristi di Calogero Mannino e Saverio Romano, così come quelli del repubblicano Francesco Nucara e del leader di Alleanza di Centro Francesco Pionati. I due fuoriusciti dall'Api di Francesco Rutelli si sono divisi: Massimo Calearo (che a Radio 24 ha fatto sapere che da oggi avrà una scorta per le minacce ricevute in questi giorni, ndr), come ultimo gesto di rispetto nei confronti di Walter Veltroni che l'ha voluto in Parlamento, ha optato per l'astensione, Bruno Cesario ha scelto il sì. E ha votato a favore del governo anche l'ex Idv Americo Porfidia che, dopo essersi autosospeso dal partito, è finito nel gruppo Misto. Due astenuti, infine, tra le Minoranze Linguistiche: gli esponenti della Sudtiroler Volkspartei Siegfried Brugger e Karl Zeller. Facendo i conti significa che Berlusconi ha «conquistato» 14 voti (compreso Calearo, ndr). Quindi può contare su una maggioranza «pura» di 309 parlamentari che ieri sarebbero bastati per ottenere la fiducia, ma che offrono margini di manovra troppo esigui per sperare di sopravvivere. Il Cavaliere, infatti, dovrebbe riuscire nell'impresa impossibile di portare in Aula sempre e comunque tutta la sua truppa. Ieri, ad esempio, mancavano alla conta in 10. Qualcuno, come l'ex ministro Mario Landolfi, ha deciso di essere presente nonostante, il giorno precedente, avesse celebrato il funerale della madre. Una testimonianza che non tutti potrebbero seguire. Poi c'è la nutrita pattuglia di ministri e sottosegretari che, molto spesso, si trova in missione. Insomma il pallottoliere si è fermato a quota 342, ma per Berlusconi è come se si fosse fermato a 0. E, l'impressione è che, d'ora in avanti, dovrà lottare ogni giorno per garantire una maggioranza solida al suo governo.