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Casini si ritrova un partito bonsai

Pier Ferdinando Casini

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E così Pier Ferdinando Casini si ritrovò solo. Tradito anche da Gianfranco Fini, uno che fino ad oggi non aveva scaricato neanche il «cognato» Giancarlo Tulliani nonostante case, cucine e Ferrari, e che invece ieri ha lanciato il contrordine tra i deputati di Futuro e Libertà: votate Silvio. Il leader dell'Udc si è visto voltare le spalle dai cinque parlamentari siciliani fuoriusciti dal partito, che al momento del voto hanno mantenuto la parola e hanno detto sì alla mozione del governo. E ha dovuto pure incassare, nonostante le proteste in aula, l'accusa di ribaltonista rivoltagli indirettamente dal «ribelle» Saverio Romano per il sostegno offerto dai centristi alla nuova giunta siciliana di Raffaele Lombardo. La giornata difficile di Casini è iniziata già all'ora di pranzo. Forse Pier Ferdinando si ripeteva in mente compiaciuto il discorso fatto poco prima alla Camera, in cui aveva liquidato così le parole di Berlusconi: sembra uno studente al primo giorno di scuola. Ci ha pensato subito l'Udc Giuseppe Ruvolo, uno dei «berlusconiani» dello Scudo crociato che sono usciti dal partito per formare il gruppo dei Popolari per l'Italia di domani, a freddarlo: tu volevi un governo con il Pd e avevi una poltrona calda anche per uno dei nostri, Saverio Romano. «È una cosa che sanno pure le pietre», ha commentato ironico il Ruvolo. «Ed è una proposta che Romano ha rifiutato rispondendo che non avrebbe mai portato a sinistra il partito». Oltre il danno, la beffa. E pure l'insulto: ingenuo. «Quello che il Pd ha fatto credere all'ingenuo Casini - ha rincarato Ruvolo - è che lo candideranno premier per il centrosinistra. Una candidatura, questa sì, per la quale è vistosamente inadeguato». Ma il peggio è arrivato alle sette, momento della verità. Berlusconi ha ottenuto 342 sì. Cinque, dal gruppo dei Popolari per l'Italia di domani: rispettivamente Mannino Calogero, Romano Saverio, Gravo Giuseppe, Ruvolo Giuseppe, e Drago Giuseppe. I pezzi persi da Casini, da ieri in rotta di collisione con l'ex presidente della Camera. A tenere i nervi saldi ci ha pensato il nodo della Sicilia. nell'isola Raffaele Lombardo ha varato da pochi giorni una giunta di tecnici sostenuta da Mpa, Fli, Api, Pd e da parlamentari Udc vicini a Casini. Un cambio a 180 gradi che non è piaciuto a molti nel centrodestra. Ieri le parole forti sono arrivate quasi subito. Aveva cominciato proprio Pier con il suo no annunciato alla fiducia e l'accusa di trasformismo ai fuoriusciti del partito.   «Noi continuiamo per la nostra strada», aveva assicurato. Responsabilità e non cambio di casacca, «cancro della vita democratica». Gli ha risposto Romano: in aula alcuni colleghi «hanno condannato il trasformismo con la bocca perché con le mani sono impegnati a maneggiare in Sicilia il più grande ribaltone di tutti i tempi». Applausi di tutto il centrodestra. Casini è sbottato e ha puntato il dito sul ministro della Giustizia Angelino Alfano, considerato il regista dell'operazione che ha fatto nascere il nuovo gruppo dei Popolari. Ma la sua accusa è caduta nel vuoto. Anche perché, almeno ieri, il governo ha segnato un punto a suo favore, mentre Pier deve fare i conti con i cinque voti in meno.

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