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"Se vuole fare politica Gianfranco si dimetta"

Gianfranco Fini

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Se vuole tornare a fare politica Fini deve dimettersi da presidente della Camera. A parlare non sono il leader della Lega Umberto Bossi o il portavoce del Pdl Daniele Capezzone, ma un finiano doc, Alessandro Campi, il direttore scientifico della fondazione finiana FareFuturo. Occupare la poltrona più alta di Montecitorio, ha detto Campi, rappresenta infatti per Gianfranco un «freno» che gli impedisce di scendere davvero in campo con una nuova forza politica che faccia «leale concorrenza» al Popolo della Libertà. Il Campi che non ti aspetti ha fatto il suo personale invito alle dimissioni dalle colonne del quotidiano «Il Foglio». Il professore si è detto convinto che l'ex leader di An, dopo la «follia» della cacciata dal Pdl del 29 luglio scorso, deve scendere in campo davvero per portare avanti le sue idee. «Se Gianfranco Fini vuole prendere sul serio se stesso e quello che ha detto in questi anni», ha commentato il professore, «dovrebbe fondare un proprio partito investendo tutto se stesso in questa operazione». Per farlo però c'è una sola strada: dimettersi da presidente della Camera. Fare politica da lì, infatti, rappresenta di fatto «un freno» alla libertà di movimento del leader di Futuro e Libertà. Mentre, con le mani libere, Fini può trasformare il suo movimento in una forza che rinnovi «in stile europeo e modernizzatore» il centrodestra italiano. Una cosa, per Campi, è sicura: abbandonare la poltrona più alta di Montecitorio non deve significare arrendersi alle accuse della stampa sulla vicenda della casa di Montecarlo. Guai se Fini si dimettesse perché spinto da questa «risibile e forsennata campagna» giornalistica, ha avvertito. Anzi, ipotizzare questa eventualità nel videomessaggio di sabato è stato «un errore»: «Non c'è nessuna proporzione tra la banale faccenda della casa monegasca e l'enormità delle sue eventuali dimissioni». Per fare un passo del genere Fini dovrebbe invece farsi ispirare dalla sua «storica battaglia per un centrodestra migliore». Il leader di Fli, insomma, deve scordarsi i ruoli istituzionali se vuole scendere davvero in campo. Perché non si può appaltare ad altri la costruzione di un nuovo partito: «Creare e guidare un partito significa significa scegliere con accuratezza gli uomini e la classe dirigente, significa parlare in chiave politica, e non solo istituzionale, con il tuo potenziale elettorato». Ma dove vuole andare Gianfranco? Lontano. «I sondaggi», ha gongolato il professore, «sono «molto gratificanti». «Si parla del 7-8 per cento», ha assicurato; numeri «molto superiori» a quelli che, ha tenuto a sottolineare, sono stati «maliziosamente» diffusi dal Popolo della Libertà. Fuori dal partito, allora, per diventare leali concorrenti, non avversari, di Silvio Berlusconi. D'altronde se lì «non ti ci vogliono», meglio andare per altri lidi. Campi comunque ha assicurato: il nuovo partito sarà una formazione «ambiziosa», come le idee fatte proprie in questi anni da Gianfranco Fini. Come si usa in questi casi: buona fortuna.

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