"Paese bloccato da liti personali"

I sacerdoti sono «angustiati» per l'Italia, dove hanno vissuto «momenti di grande sconcerto» per «discordie personali che, diventando presto pubbliche, sono andate assumendo il contorno di conflitti apparentemente insanabili. E questi sono diventati a loro volta pretesto per bloccare i pensieri di un'intera Nazione, quasi non ci fossero altre preoccupazioni, altri affanni».   Così Angelo Bagnasco, presidente della Cei, comincia a tratteggiare la situazione italiana nella prolusione al Consiglio Permanente dei vescovi, apertosi ieri. Una lunga riflessione su quanto sta accadendo in Italia. Non fa nomi, ma sembra chiaro il riferimento al dibattito sull'inchiesta sulla casa di Montecarlo in cui vive Giancarlo Tulliani, sui contrasti tra Fini e Berlusconi, sul dibattito politico in generale. Detta i temi in agenda: il federalismo, al quale i vescovi da tempo si sono detti favorevoli, a patto che ci si ricordi che «con il federalismo cresce lo spessore delle responsabilità da esercitare localmente»; la richiesta di una riforma fiscale costruita su «criteri di maggiore equità» e soprattutto «a vantaggio del soggetto che per tutti è decisivo, e cioè la famiglia»; la scuola, dove non mancano «novità importanti che meriterà sperimentare, cogliendone tutte le possibili virtualità». Nella prolusione c'è una forte autocritica riguardo una Chiesa, interessata «dall'emergere di vicende umilianti e dolorose» e proprio in questo frangente portata a «risorgere». Bagnasco ricorda l'impegno del Papa nel recente viaggio in Inghilterra, il suo «parlare sincero e disarmato» che «nulla nasconde anche di ciò che è fortemente amaro», e il suo «rivelarsi determinato a rimuovere dal costume ecclesiale un delitto angosciante». Quello che viene fuori è il ritratto di una Chiesa «uccisa dalla sua stessa malizia», ma anche vittima, in alcuni luoghi, di «cristianofobia»: se ne parlerà al prossimo Sinodo per il Medioriente (dal 10 ottobre), ma anche nel messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace. Bagnasco parla di formazione dei sacerdoti, sa che «la questione Dio» è ancora importante, ricorda che la formazione del dicastero per l'Evangelizzazione per l'Occidente (affidato a monsignor Rino Fisichella) ha «un valore simbolico non poco eloquente», tira le somme di un Anno Sacerdotale al termine del quale «non avrei esitazione - sottolinea - a dire che il sacerdote è più capito e amato». Mentre i sacerdoti, afferma Bagnasco, sono preoccupati per l'Italia «concreta». C'è - dice il cardinale - «l'innegabile influsso di una corrente drammatizzazione mediatica» che rappresenta «un Paese ciclicamente depresso» e che condiziona «l'umore generale e la considerazione di sé». In troppi - afferma il numero uno della Cei - si accontentano di «piccole porzioni di verità, reali, ma limitate, assolutizzate e urlate». Il Paese reale di cui parla Bagnasco è un'Italia che non «può più attardarsi». Si deve lavorare per il «bene comune», ed è qui l'impegno dei cristiani: il cardinale chiede di «superare la logica del favoritismo, della non trasparenza, del tornaconto», sostiene che il linguaggio pubblico deve essere «confacente a civiltà ed educazione», incoraggia «quanti si battono con abnegazione in politica», chiede di «coinvolgere anche i giovani». E rivendica il ruolo della Chiesa che «nel suggerire valutazioni» su bioetica o famiglia attinge «al patrimonio culturale dell'umanità». È viva la preoccupazione per l'economia: Bagnasco chiede alle banche di adottare «criteri del massimo favore possibile» per finanziare le imprese, si augura che «il diritto dei lavoratori disoccupati, in mobilità o licenziati» sia tenuto in conto, e che vengano presto «reintegrati», chiede di «non ritirare gli ammortizzatori sociali». Molto spazio è dedicato al federalismo: i vescovi hanno già aperto alla riforma, e Bagnasco ricorda che questo porterà maggiore impegno a livello locale. «Riuscire a rispettare i vincoli di bilancio diventerà un'attitudine inderogabile» afferma. E non basta solo un'abilità tecnica-gestionale, perché «diversamente prevarranno le spinte a un contrattualismo esasperato e ad una demagogia variamente declinata». Perché la riforma funzioni è necessario un forte spirito nazionale, e una concomitante «riforma fiscale». «La Chiesa - sottolinea Bagnasco - intende fare per intero la propria parte, come in altri momenti cruciali, perché si realizzi un federalismo solidale». E, infine, la richiesta di maggiore attenzione fiscale per le famiglie. Ricorda che «le coppie desiderano in media 2.2 figli, mentre ne nascono solo 1.4», e dunque «le misure economiche, messe o non messe a sostegno della famiglia, sono un fattore decisivo».