"In Abruzzo le toghe fanno politica"
«In Abruzzo da oltre due anni si assiste al tentativo della magistratura di commissariare la politica e la democrazia». Dopo l’inchiesta sui rifiuti che ha portato agli arresti domiciliari per corruzione l’attuale assessore alla Sanità della Regione Lanfranco Venturoni (Pdl) e l’imprenditore Rodolfo di Zio e comprende tra i dieci indagati i senatori del Pdl, Fabrizio Di Stefano e Paolo Tancredi, Gaetano Quagliariello si sfoga. «Vanno bene gli attestati di solidarietà, vanno bene gli interrogativi su talune iniziative dell'autorità giudiziaria, ma ormai non basta più. Se c'è una riflessione da fare sul rapporto tra giustizia e politica non si può prescindere dall'Abruzzo. Dal "caso Abruzzo" perché ormai di questo si tratta» sbotta il vicepresidente del Popolo della libertà a Palazzo Madama. Senatore cosa intende per "caso Abruzzo"? «Io trovo che sia legittimo che la magistratura controlli la politica, ma questo potere di controllo non può essere irresponsabile. In una situazione come quella abruzzese occorre una precauzione maggiore, dal momento che gli avvenimenti politici degli ultimi anni sono stati determinati da fatti giudiziari che non sono stati ancora definiti. Se prolungata, questa situazione può diventare una patologia: rischiamo che venga invertito il rapporto tra chi compie le scelte politiche e chi le controlla. In Abruzzo chi controlla, determina le scelte politiche». Parliamo dell'ultima inchiesta «Come vicecapogruppo del Pdl ho preso cognizione delle contestazioni rivolte ai due senatori del mio gruppo, generosamente dati in pasto all'opinione pubblica, sbattuti su tv e giornali con immagini a corredo in stile "foto segnaletiche". Io ho visto gli avvisi di garanzia e non solo ho trovato accuse risibili rispetto al polverone che hanno sollevato, e frutto di una ricostruzione piuttosto traballante rispetto alle procedure che regolano la realizzazione di impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Non solo ho notato il riproporsi del pregiudizio di fondo per cui qualsiasi finanziamento alla politica, anche se registrato e documentato a norma di legge, debba per forza nascondere qualcosa di losco. Ma ho visto un quadro preoccupante rispetto a una concezione fisiologica del gioco democratico, che trovo fortemente alterato». La scelta politica in questione sono i termovalorizzatori... «Il centrodestra abruzzese è sempre stato ed è tuttora favorevole ai termovalorizzatori. Non si possono fare processi alle intenzioni e addurre questo proposito come prova dell'esistenza di un sodalizio criminoso. Altrimenti significa vivere in un regime di «inquisizione». Al contrario è opportuna una contestazione di fatti precisi che dimostrino che ci sia un illecito». Il "caso Abruzzo" ha un colore politico? «Nel 2008 la giunta regionale di Del Turco fu decapitata da un'altra iniziativa giudiziaria. Si andò alle elezioni anticipate, si parlò di una "valanga di prove che non lasciano spazio a difese", ma oggi, a quasi tre anni di tempo, non sappiamo ancora se Del Turco è colpevole o innocente. Sempre per rimanere sul fronte del centrosinistra, e non dare neanche l'impressione che si voglia criticare una Procura solo quando colpisce la propria parte, ricordo anche l'arresto dell'ex sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso. Io allora contestai duramente i tentativi di evitare il commissariamento del Comune attraverso un certificato medico, ma adesso non posso che constatare che la vicenda processuale è tutt'altro che avviata». Cosa direbbe ai magistrati? «Rivolgerei loro un appello: quello di prendere bene in considerazione le parole di Giovanni Falcone. Lui diceva che quando la magistartura ha a che fare con la politica, tocca quel potere che è stato determinato dalla volontà popolare, deve avere una speciale precauzione».