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La Procura di Roma vuole torchiare lo Ior

Gotti Tedeschi presidente dello Ior

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La notizia dell'indagine avviata dalla Procura di Roma sullo Ior per presunta violazione delle nuove disposizioni in materia di prevenzione delle operazioni di riciclaggio, fa il giro del mondo. L'assalto a quello che è da sempre ritenuto un tempio inviolabile della finanza cattolica, apre uno scenario nuovo nella storia del Vaticano. E dopo l'annuncio del sequestro preventivo di 23 milioni di euro, dovrebbero essere convocati a breve in procura, a Roma, Ettore Gotti Tedeschi e Paolo Cipriani, rispettivamente presidente e direttore generale dello Ior, indagati dal procuratore aggiunto Nello Rossi e dal pm Stefano Rocco Fava per non aver osservato le norme antiriciclaggio. In relazione al provvedimento del gip Maria Teresa Covatta che ha firmato il sequestro preventivo di 23 milioni di euro che lo Ior avrebbe voluto trasferire in parte a JP Morgan Frankfurt e in parte alla Banca del Fucino, gli investigatori avrebbero già raccolto le dichiarazioni dei responsabili della sede romana del Credito Artigiano spa (controllata dal Credito Valtellinese) dove l'Istituto Opere di Religione aveva aperto un conto corrente. La banca vaticana - è l'ipotesi della procura - non ha comunicato le generalità dei soggetti per conto dei quali intendeva eseguire l'operazione di trasferimento dei soldi e non ha fornito informazioni sullo scopo e sulla natura prevista dal rapporto continuativo. Insomma, i vertici dell'istituto non avrebbero rispettato quanto previsto dal decreto legislativo 231 del 2007. Nella mattinata di ieri i magistrati hanno fatto il punto della situazione per studiare le prossime mosse. Al momento, sembrano due i possibili scenari. Tutto è legato però al fatto che sia superata la questione della giurisdizione come sembra possibile alla luce della sentenza della Cassazione del 2003 su Radio Vaticana. Si aprono quindi due situazioni. La prima è che lo Ior, attraverso i suoi legali, potrebbe decidere di fare ricorso al tribunale del riesame per contestare la legittimità del provvedimento di sequestro preventivo. Altra ipotesi sul tappeto è che potrebbe avviare una sorta di adeguamento alla normativa vigente, ora per allora, fornendo agli organi di vigilanza e alle varie banche quelle informazioni che, a parere degli investigatori, non sono mai state date, e che consentono di verificare se lo stesso Ior ha usato suoi fondi di tesoreria o fondi gestiti per conto terzi. In questo caso, i pm potrebbero anche rivalutare la questione del sequestro dei 23 milioni di euro. Tuttavia, qualunque sia lo scenario che seguirà, resta sul tavolo dei magistrati la segnalazione di un'operazione sospetta (da parte dell'Uif della Banca d'Italia), circostanza che merita approfondimenti autonomi. L'indagine dei pm sui vertici dello Ior rischia di segnare una svolta importante nei rapporti tra gli istituti di credito extracomunitari (come è la banca vaticana) e quelli del nostro Paese. Gli addetti ai lavori sono convinti che questo procedimento, qualunque sia la sua conclusione dal punto di vista penale, imporrà alle banche italiane di osservare con maggiore rigore gli obblighi di adeguata verificata rafforzata, come prevedono le circolari di Palazzo Koch.

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