"Roma da sola Capitale d'Italia"

Il suo «esordio» nella Capitale risale al 1953. Ventotto anni e prima legislatura alla Camera nelle file del Pci. Davanti all'Assemblea Capitolina (nuovo nome del Consiglio comunale di Roma) Giorgio Napolitano vola con la memoria a quei giorni. E poi ancora la nascita dei figli e dei nipoti («romani e appassionati di Roma»). Ma anche i 50 anni di matrimonio, 44 dei quali vissuti nella Città Eterna, con la signora Clio che, vestita di blu, lo osserva seduta in prima fila. I 140 anni di Roma capitale sono per il presidente della Repubblica un viaggio nel tempo. Normale quindi che, quando il sindaco Gianni Alemanno si avvicina per conferirgli la cittadinanza onoraria, i suoi occhi tradiscano una certa commozione. E normale anche che, lasciando un messaggio sul libro d'onore del Comune, il Capo dello Stato scriva così: «È con particolare personale commozione per l'altro riconoscimento conferitomi che reco omaggio a Roma più che mai capitale di uno Stato democratico che si trasforma restando saldamente Stato nazionale unitario». Il senso della sua visita alla città di Roma, iniziata in mattinata con la deposizione di una corona di fiori sul monumento ai caduti di Porta Pia, è tutto racchiuso in queste poche parole. Per Napolitano è fondamentale, nel giorno in cui si compie e si sviluppa un percorso iniziato nel 1870, che qualsiasi polemica, qualsiasi spinta secessionista, venga rigettata. Per questo nel suo discorso, pronunciato davanti ad esponenti del governo (i ministri Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e Andrea Ronchi, il sottosegretario Gianni Letta), dell'opposizione (Walter Veltroni, Francesco Rutelli e Pier Ferdinando Casini) e rappresentanti delle istituzioni (il presidente della Corte Costituzionale Francesco Amirante, quello della Provincia di Roma Nicola Zingaretti e il governatore del Lazio Renata Polverini), Napolitano parla anzitutto della «straordinaria capacità inclusiva» e dell'«attitudine ad abbracciare ogni italiano» della Capitale. Poi, dopo averla descritta «anche come centro della cristianità», cita Cavour: «Senza Roma capitale d'Italia, l'Italia non si può costituire. Roma, Roma sola deve essere capitale d'Italia». È proprio partendo da qui che il Capo dello Stato lancia il suo messaggio inequivocabile: «È mio doveroso impegno ed assillo che non vengano ombre da nessuna parte sul patrimonio vitale e indivisibile dell'unità nazionale». E ancora: «La forza dell'Italia come nazione e come sistema paese sta nella sua capacità di rinnovarsi rafforzando e non indebolendo la sua unità, sta nella scelta, che dovremmo tutti condividere, di rinnovare modernizzando ma non depotenziando lo Stato che della nostra unità, in tutte le sue articolazioni istituzionali, è essenziale tessuto connettivo. Mortificare o disperdere le strutture portanti dello Stato nazionale sarebbe semplicemente fuorviante». Parole che sembrano rispondere alle mire leghiste di spostare le sedi dei ministeri, costruendo di fatto un'altra Capitale. Ma per l'inquilino del Quirinale valgono le parole di Cavour: «Roma, Roma sola deve essere la capitale d'Italia».