"Un gay a Palazzo Chigi"
Nichi Vendola è abituato a vincere le sfide impossibili. Sogna di riportare la sconquassata sinistra italiana al successo, punta a Palazzo Chigi. Per farlo, però, prima deve battere il Pd (che rema contro la sua candidatura e contro le primarie di coalizione che potrebbero lanciarne la volata). Poi deve sconfiggere i tanti luoghi comuni sulla sua «diversità», elemento caratterizzante di cui va orgoglioso. «Sei un gay?»; «Certo». «Un gay può diventare presidente del Consiglio?»; «Lo è già stato». Chi?; «Non lo dirò neanche sotto tortura». Di che partito era? «Democristiano». Il dialogo è solo uno spezzone dell'intervista al governatore pugliese che andrà in onda stasera su Italia1, nella trasmissione «Le Iene Show», tappa obbligata di un percorso ben definito che prevede la colonizzazione dell'immaginario (soprattutto giovanile) dell'elettorato d'opposizione. L'obiettivo è costruire l'alternativa al Cavaliere. E si sottintende che a guidare il centrosinistra debba essere proprio Nikita, con tutto il suo bagaglio di anomalie: comunista a vocazione maggioritaria, cattolico, antiberlusconiano ma non giustizialista, critico del Cavaliere ma allo stesso tempo suo leale oppositore: i due hanno più volte dichiarato la reciproca stima e il loro rapporto è cadenzato da lunghe e frequenti telefonate; entrambi sono nelle grazie di Don Luigi Verzè. Il patron del San Raffaele, impegnato nel realizzare una mega struttura ospedaliera a Taranto, è un suo sostenitore: «La mia non è propaganda. Diranno che sono di sinistra ma anche Berlusconi mi ha detto che, secondo lui, Vendola è una persona per bene. Io, che credo nella santità dell'uomo, penso che Vendola sia un santo, così come Berlusconi». Il viaggio di Nichi Vendola inizia a Terlizzi, piccolo comune alle porte di Bari, famoso per la floricoltura. La famiglia del leader di Sinistra Ecologia e Libertà è molto religiosa, il padre negli anni del consenso è stato un simpatizzante di Mussolini, volontario nel secondo conflitto mondiale. Nel saggio a sfondo autobiografico «La fabbrica di Nichi», alla domanda su quale sia stata la formazione culturale del suo genitore risponde così: «È stata la guerra, il fascismo, la partenza come volontario. (...) Mio padre parte per andare a seguire l'impero. Suo fratello, zio Enzo, di pochissimo più giovane, resterà appunto ucciso in un sommergibile sull'oceano. Mio padre mi sembra che partì volontario nel 1940. Parte fascista e poi torna comunista». Da studente frequentava l'oratorio: «Sono stato nella chiesa, nell'azione cattolica, ho fatto il chierichetto. Ma l'associazionismo cattolico era troppo segnato dal machismo sportivo per me. Non mi piaceva quasi nulla: il ping pong, il calcio, il calcetto. Mi piaceva scrivere (...). A sei anni scrivevo già filastrocche e poesie». E proprio con una campagna di propaganda tutta costruita su rime baciate ha vinto le ultime regionali, nel marzo scorso. Giovanissimo ha anche avuto amori femminili, ma l'omossessualità è un carattere centrale della sua persona, «il nocciolo duro della mia dignità», «lo scisma dalle due chiese, quella comunista e quella cattolica». Laureato in Lettere e Filosofia con tesi su Pier Paolo Pasolini, Vendola è entrato giovanissimo nelle organizzazioni giovanili del Pci, diventando giornalista de l'Unità. Contrario alla svolta della Bolognina, è stato tra i fondatori di Rifondazione comunista. In Parlamento ci è arrivato nel 1992. Ricandidato nel 1994 con i Progressisti, nel collegio elettorale uninominale Terlizzi-Bitonto, fu sconfitto dal segretario della locale sezione del Msi, Cettino Trotta, ma il suo seggio fu preservato con un colpo di mano firmato anche con il voto della Lega Nord. Nel primo conteggio Vendola aveva 191 voti di vantaggio. Dopo la verifica delle schede l'esito era ribaltato: ben 35 preferenze in più per l'esponente postfascista. Nikita corse il rischio di decadere, ma la Camera in una seduta infuocata ribaltò l'evidenza numerica e la sovranità popolare con il voto del Ppi e delle truppe «ribaltoniste» di Alberto da Giussano (passate a sostenere l'esecutivo Dini). La storia recente di Vendola è segnata dalla dichiarata volontà di scalare il centrosinistra nazionale. Sul tavolo da mesi c'è la sua richiesta di primarie. In tutta Italia crescono come funghi le Fabbriche di Nichi, postmoderni circoli giovanili, le avanguardie vendoliane sul territorio, accanto al suo micro partito, Sinistra Ecologia e Libertà. Il suo retroterra culturale è composito, pieno di contraddizioni: c'è Riccardo Scamarcio, il fascistello Step del film tratto dal romanzo di Federico Moccia, l'anticapitalismo di Pietro Ingrao, le contaminazioni cinematografiche proposte dalla Fandango Film, il pacifismo cattolico di don Tonino Bello, l'icona no global di Carlo Giuliani e gli eroi della lotta alla mafia, Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Passioni e contraddizioni che gli hanno consentito di rivincere le elezioni regionali dopo gli scandali, le truffe e gli arresti della Sanitopoli pugliese e lo rilanciano nella corsa finale contro tutta la nomenclatura democratica (in primis Massimo D'Alema).