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L'ultima Granata su Silvio e il Pdl

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Fabio Braveheart Granata. Eccolo il nuovo falco dei finiani che grida la carica ma rischia di restare senza cavalleria. La prima cannonata è arrivata ieri con una lettera apparsa sul sito di Generazione Italia: «Caro Gianfranco, il distacco con il quale hai evitato di commentare la sceneggiata taorminese di Silvio Berlusconi, lo capisco profondamente ma devo confessarti di non condividerlo fino in fondo». Non si può non reagire alle «volgarità delle parole di Storace e la gravità di quelle di Donna Assunta, in una cornice da taverna da parte dei tanti "nuovi ascari" della fiamma accorsi». Proprio «uno come Storace, indagato per la mala gestione della sanità laziale e da te miracolato con la nomina a Ministro». E poi giù altre bordate contro «le parole durissime di chi abbiamo contribuito a far eleggere Presidente del Consiglio» che «suonano allucinanti mentre ancora alcuni dei nostri utilizzano toni melliflui e dorotei sui nostri rapporti con il Pdl e sulla priorità assoluta di offrire uno scudo giudiziario al Premier». Allora, Gianfranco, «voglio dirti con chiarezza e affetto: non ci sto a sposare ancora la tesi della congiura giudiziaria contro Berlusconi». Perché il buon Fabio non sopporta «più le sofferte riflessioni e le trovate giuridiche di qualche amico al fine di provare a garantire impunità nei confronti di chi, potendo, ci cancellerebbe dalla scena politica». Non ci sta «a sopportare con rassegnazione attacchi e lezioni di moralità politica nei nostri confronti dai difensori di alcune delle figure più torbide della storia repubblicana e da chi cerca di mettere insieme, con ogni mezzo, deputati disposti a tutto». E allora ecco la chiamata alle armi sulle norme anticorruzione, sulla «non più rinviabile concessione di diritti pieni di cittadinanza a tanti bambini e ragazzi nati in Italia da genitori regolarmente qui residenti», su una «rigorosa iniziativa parlamentare sulla libertà d'informazione e sul conflitto d'interesse». Insomma il partito deve restare fedele alle proprie radici ma con «capacità dinamica» di interpretare una «certa idea dell'Italia». Libero «da tatticismi eccessivi e moderatismi privi di progetto» e soprattutto «con l'ambizione di poter costruire un'Italia diversa e liberata da cricche, prepotenti e ascari». La lettera sta scuotendo il popolo finiano che commenta sul blog: c'è chi vuole andare fino in fondo, «votiamo la sfiducia il 28 settembre», chi promette di votare «a sinistra se Fini resta con Silvio» e qualcuno che incita alla «fondazione di un partito dove comunque e sempre il massimo comun denominatore sia la lotta al berlusconismo». I supporters di Fabio dimenticano però un'altra lettera. Quella scritta sempre da Granata a Fini nell'ottobre del 1991: «Ho ricevuto una lettera da parte tua molto garbata, non c'era neanche scritto Caro Granata, di questo mi sono dispiaciuto... Attraverso questa lettera tu mi deferivi a questo comitato centrale con proposta di sospensione a tempo indeterminato per un movimento che poi nella tua relazione hai detto testualmente che non solo si può, ma si deve fare». Fini delfino di Giorgio Almirante, Granata vicino a Pino Rauti. Strade diverse che si scontrarono nel giugno del '91 quando dopo il tonfo elettorale alle Regionali siciliane, il comitato centrale non riconvocò neppure il congresso ma mise ai voti la delibera di sfiducia nei confronti di Rauti e riattribuì a Fini la guida del Msi che aveva perso nel congresso di Rimini dell'anno prima. Secondo Fini, per recuperare i voti che Rauti aveva fatto perdere bisognava tornare a praticare una politica fortemente di Destra. E da lì partì l'iniziativa della raccolta di firme per la reintroduzione della pena di morte. Su questo incontrò la ferma opposizione di Granata che all'epoca faceva parte della segreteria politica di Rauti. Così, quando il suo leader fu esautorato lui lasciò l'Msi e inaugurò una nuova esperienza politica vicino alla Rete di Leoluca Orlando. C'è però chi sostiene che in realtà «Fabio fu messo nelle condizioni di andare». La traccia sta appunto nella lettera scritta a Fini e nella quale Granata denuncia la volontà del capo di sbatterlo fuori, accusandolo di praticare il metodo dell'epurazione a chi osava dissentire. Diciannove anni sono passati e – fulgido esempio di coerenza finiana - i ruoli si sono ribaltati. L'ex leader di An ha denunciato di essere stato epurato dal Cavaliere. Granata gli ha fatto da portavoce, gli ha insegnato a essere politically ma anche morally correct. Fino a ieri. Quando Fabio Braveheart ha rotto il silenzio del tenero Gianfranco e ha gridato: «All'armi! (Siam fascisti?)».  

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