Il Pd del burqa sta con i Rom
Poche idee e confuse. In questi giorni il Pd è tornato sotto i riflettori della politica italiana. Merito di Walter Veltroni che ha deciso di riaprire il conflitto con Pier Luigi Bersani e (indirettamente) con il suo eterno nemico Massimo D'Alema. Anche se il segretario democratico, dopo un serrato botta e risposta, ieri ha provato a chiudere le ostilità: «Abbiamo i luoghi per discutere, giovedì c'è la direzione e ne parleremo lì. Io da adesso parlo di Italia, le altre cose ce le vedremo nei nostri organismi». E allora parliamo d'Italia. Magari parliamo di immigrazione visto che il tema, tra vicende italiane e europee, è tornato di scottante attualità. La linea del Pd sull'argomento è nota: serve più integrazione, occorrono interventi per costruire una civile convivenza, gli stranieri non sono nemici da abbattere, gli immigrati nati in Italia sono italiani a tutti gli effetti, lo sgombero dei rom e la loro espulsione sono misure inaccettabili e, più in generale, il governo formato da Pdl e Lega è un'accozzaglia di razzisti che odia il diverso da sé. Il problema è che, grattando sotto la superficie, si scopre che la linea non è così granitica come si vorrebbe far credere. Era già successo quando si parlò di respingimenti, con Francesco Rutelli e Piero Fassino possibilisti, e il partito in subbuglio. Ora tocca ai nomadi. I Democratici sono stati durissimi. «Il Pd sta con l'Europa, con i principi di rispetto della dignità umana, di convivenza e legalità scritti nella Costituzione europea» (Rosy Bindi). «Ho la sensazione che stiamo assistendo ad una vera e propria caccia agli untori» (Rosa Calipari). «Berlusconi ci dica se vuole far uscire l'Italia dall'Europa» (Ivan Scalfarotto). «Sono negativamente colpito da come Sarkozy ha affrontato la vicenda perché viola un principio e viene meno ad una tradizione di civiltà e accoglienza che ha fatto della Francia per anni un grande punto di riferimento» (Massimo D'Alema). Poi arriva Bersani che giovedì sera, ospite di Porta a Porta, butta lì una frase tra l'assoluta indifferenza: «Sì è vero, risulta anche a me che i rom sono ladri. Nel mio paese quando arrivavano si chiudevano le porte, ma non venivano mai trattati male». Alla faccia dell'integrazione. Normalmente quando Umberto Bossi accusa i rom di essere dei «ladri» c'è una sollevazione popolare. Ma il Pd è così. Capace di dire tutto e il contrario di tutto con assoluta non chalance. Prendete l'esempio del tetto del 30% di studenti stranieri nelle classi. Quando il ministro Mariastella Gelmini lo propose in molti urlarono allo scandalo. Alla recente festa Democratica nazionale di Torino Giovanni Bachelet, responsabile politiche dell'istruzione del partito, ha spiegato che le scuole dove è stato superato il tetto sono poche e che tutte hanno ottenuto la deroga. «Come succede spesso - ha commentato - questo governo parla di cose che non hanno alcuna attinenza con la realtà». Poi succede che inizi l'anno scolastico e che a Roma, nella scuola Pisacane, ci si ritrovi con una classe interamente composta da stranieri. Sarà anche l'eccezione che conferma la regola, ma evidentemente il problema esiste. E per capirlo il Pd potrebbe chiedere informazioni al sindaco di Vicenza Achille Variati, il primo ad introdurre un tetto del 30-35% agli stranieri nelle classi. Non è difficile, anche lui è un Democratico. L'ultimo esempio della confusione che regna all'interno del principale partito della sinistra italiana è quello del burqa. È giusto vietarlo o no? Chiedetelo a Bersani e ai suoi. Potreste trovarvi d'accordo con Livia Turco responsabile del forum politiche sociali e immigrazione: «Quello che conta è la libertà delle donne e la sicurezza di tutti già prevista nell'articolo 5 della legge 152 del 1975, e non di certo scagliarsi contro un indumento religioso solo perché appartiene ad una tradizione culturale diversa». Oppure con Bersani: «Occorrono chiare norme civili che garantiscano la riconoscibilità dei cittadini nel nostro Paese». O magari con l'ex ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini: «In Italia il burqa non è gradito. Io sono per una legislazione che preveda alcuni divieti relativi agli spazi pubblici, come le scuole, ma tenga aperto il principio di dialogo e libertà religiosa». Questo sì che è vero pluralismo.