Quel Berlusconi della sinistra destinato a far scoppiare il Pd

La discesa in campo di Nichi Vendola nell’arena del centrosinistra è molto più dirompente di quanto si immagini. Il presidente della Regione Puglia è un abile comunicatore, il più berlusconiano tra i galli del pollaio progressista, un narratore di storie non sempre vere ma capaci di creare un sogno in quel popolo deluso. La sua azione però è destinata ad avere effetti anche nel campo opposto, cioè nel centrodestra, e a innescare un dibattito profondo sul rapporto tra Stato e Chiesa, religione e politica, Cesare e Dio. Quando Vendola dice esplicitamente a Le Iene che «un gay a Palazzo Chigi c’è già stato» non si riferisce tanto al passato, in realtà proietta se stesso, la sua figura, la sua metafora politica, nel futuro prossimo. Tutto questo avviene nell’Italia culla del cattolicesimo, nel Paese dove la Chiesa ha ancora un ruolo importante nella società civile. La domanda è semplice: l’Italia voterà un presidente del consiglio gay? Il costume del Paese è pronto ad accettarlo? Vendola in Puglia ha sbaragliato tutti i concorrenti del centrosinistra, ha spiazzato un politico di lungo corso come Massimo D’Alema buttando giù come un birillo il suo candidato alle primarie, ha raccolto il voto non solo della sinistra alternativa, ma di un ampio spettro di elettori. E la Puglia non è propriamente patria del progressismo liberal, Bari non mi è mai sembrata New York City. Tutto questo pone chi osserva la politica di fronte a uno scenario inedito. Per la prima volta abbiamo un leader che aspira a guidare la nazione e dichiara orgogliosamente la sua omosessualità. Se questa sfida dovesse concretizzarsi, come risponderà la Chiesa? Quali saranno le reazioni di un centrosinistra in grave crisi d’identità? E quali saranno le mosse di un centrodestra culturalmente composito, con un elettorato che si divide tra cattolici, laici, socialisti e liberali? La corsa di Vendola verso la leadership dell’opposizione conduce a temi ben più grandi della sua persona in sé. Nichi è l’alfiere dei diritti allargati, di valori che per il centrodestra non sono negoziabili e così pure per una parte consistente (penso agli ex popolari) del centrosinistra. Un capo del governo come lui – abile mediatore, ma pur sempre con una visione che è l’essenza della sua biografia – sarà certamente un sostenitore delle unioni gay regolate per legge, di una legislazione relativista sui temi dell’inizio e fine vita, di un insieme di norme opposte a quelle lanciate dal governo sul problema dell’immigrazione. Vendola è nettamente un uomo che conduce le battaglie della sinistra classica, utopista, ma le ha riaggiornate alla luce della storia del movimento noglobal, degli ecologisti e, soprattutto, della sua personale esperienza di governo di una regione contemporaneamente dinamica e tradizionalista. È un uomo capace di condurre battaglie secolariste e dichiarare la sua fede cattolica. Chi gli si oppone fa notare questa contraddizione enorme, ma ciò che conta nel vendolinismo è la comunicazione, il racconto, l’affabulazione costante, la capacità di vendere sogni e apparire lui – e chi lo segue nella sua avventura – come l’esempio vivente della chance per tutti. Vendola sta costruendo un mito del self made man speculare a quello plasmato da Silvio Berlusconi nel 1994. Per questo oggi lancia se stesso ripescando il gossip (reale) di un presidente del consiglio democristiano gay nel passato e tutto questo lo fa in televisione (come il Cavaliere), non in una pallosa tribuna politica, ma in un programma pop, "Le Iene", versione più sofisticata, glamour ma sempre iperpop del "Drive In" di Silvio . Vendola è un comunicatore, ripesca il passato ad uso del presente e non ha alcuna intenzione di farsi pietrificare voltandosi indietro come fanno invece i papaveri appassiti del Pd. La sua lunga marcia è in corsa e punta al posto sul ponte di comando, quello del grande timoniere della sinistra. Temo che sarà una sorpresa per quelli che si trastullano nella politica politicante, sono curioso di vedere cosa s’inventerà lo schieramento del centrosinistra e soprattutto il Pd dell’ortodossia bersaniana per fermarlo. Sarà il problema più grande dei democratici, il vero partito conservatore e bacchettone d’Italia, quello che oggi è tutto preso da una lotta fratricida e non si accorge che dietro le quinte Vendola si comporta già da leader. Se fanno le primarie aperte, sono finiti.