La Lega vuole la sua Capitale

Washington è la capitale degli Stati Uniti. Tutti gli organi del potere esecutivo, legislativo e giudiziario hanno sede nella città che sorge sulle rive del fiume Potomac. Difesa, Tesoro, Giustizia, Agricoltura, Commercio, Lavoro, Energia, Educazione, Affari Interni, Affari Esteri, tutti i ministeri operano nella Capitale. Tutte le principali agenzie indipendenti (dalla Cia, fino alla Nasa) hanno il loro quartier generale nel District of Columbia. Washington, per chi non lo sapesse, è la capitale del più grande stato federale del mondo e dovrebbe essere un modello per chi, almeno a parole, dice di volere il federalismo. Basterebbe questo esempio per far capire agli amici leghisti che l’idea di votare la legge per Roma Capitale e contemporaneamente accarezzare il sogno di spostare i ministeri da qualche altra parte non sta in piedi ed è ridicola. Il partito di Umberto Bossi s’è mostrato finora con una doppia veste: in aula ha votato i provvedimenti per dare a Roma quel che è di Roma, ma fuori dal Parlamento i suoi esponenti cominciano a dire che bisogna spostare i ministeri, le autorità indipendenti, agenzie varie e soprattutto occorre pensare a una «Capitale reticolare». Tutto questo sarebbe interessante se fossimo in presenza della formazione di un nuovo Stato, ma così non è. I dirigenti della Lega sembrano voler pigiare il tasto reset sulla Storia e tendono a dimenticare cosa è Roma per l’Italia e cosa è la Città Eterna nel mondo. Negli Stati Uniti il ruolo di Washington è indiscusso, c’è un dibattito sull’efficacia delle sue decisioni e sulla distanza tra il cittadino e il circolo della politica (cosa che è presente nel discorso pubblico di tutti i Paesi occidentali, Italia compresa), ma l’idea di andare verso un modello di Capitale frammentata o di cominciare a mettere in discussione il ruolo della città che porta il nome di un padre della Patria non esiste. Piuttosto si discute, ciclicamente, di possibilità di secessione di qualche Stato federale. Cosa tecnicamente possibile per qualche Stato e non si può escludere in un futuro, soprattutto per effetto dell’immigrazione e del radicale cambiamento demografico. Se l’Italia vuol ripensarsi come Stato federale, deve guardare al modello per eccellenza e prendere atto che Roma ha e dovrà continuare ad avere il ruolo chiave nel sistema. Non ci sono altre vie possibili. Fuori da questo schema, esiste solo la secessione o un’avventura nel buio i cui esiti sono incertissimi e pericolosi. La Lega è un partito che merita rispetto e ammirazione per la capacità di interpretare le istanze del proprio territorio di riferimento, ha una classe dirigente di buon livello, un radicamento forte, un programma di governo semplice e comprensibile per i propri elettori. Fino ad oggi però non ha saputo fare un salto di qualità, quello che le consentirebbe di essere «forza nazionale» e non solo un grande partito «macroregionale». Se osservo l’azione di governo di un ministro come Roberto Maroni non ho dubbi: il titolare degli Interni si è mosso come un servitore dello Stato, ha lavorato bene nel contrasto della criminalità, ha detto parole chiare sul Mezzogiorno, senza mai venir meno al suo ruolo istituzionale. Un perfetto civil servant. Mi piacerebbe che tutto questo diventasse patrimonio dell’intera classe dirigente della Lega. Invece spesso nel Carroccio si indulge su un «celodurismo» che non ha più senso, su una politica fatta di slogan che forse funziona per la base ma non avvicina ancora alla Lega quella fetta di elettorato moderata che preferisce altri partiti, quello di Berlusconi in particolare. Quando Gianni Alemanno risponde a tono alle dichiarazioni dei leghisti, svolge il suo ruolo di sindaco della Capitale e, nello stesso tempo, di dirigente politico di caratura nazionale che non ha mai perso di vista la stella polare dell’unità del Paese che l’anno prossimo festeggia i suoi 150 anni. Credo che Bossi e i suoi fedelissimi debbano prendere atto di questa situazione e, se proprio vogliono che si decentri qualcosa, vadano al di là degli slogan, si siedano al tavolo e comincino a fare delle proposte serie. Finora infatti del quadro di Roma Capitale abbiamo la cornice, ma un secondo provvedimento dovrà disegnare il perimetro dei poteri, cioè il cuore del problema. I leghisti hanno capito che senza Roma Capitale non c’è federalismo, ma nello stesso tempo accarezzano l’idea di cominciarla a spolpare, quella Capitale. É una pessima idea. Farebbe male non tanto a Roma - che si difende benissimo da millenni - ma alla Lega. La Lupa ha denti aguzzi. E quando morde lascia il segno.