In 45.000 a rischio spostamento Il precedente fallito dello Sdo
Poicome questa idea era nata così fu abbandonata dimostrandosi impossibile da realizzare. Poi fu la volta di una insistente campagna mediatica e quell'esercito di colletti bianchi additati come il modello dello stipendio preso a sbafo, come la zavorra del Paese, infine come dei «fannulloni». Per i ministerali non c'è tregua. Sempre nell'occhio del ciclone e nel mirino di ogni Finanziaria che a ogni tornata se deve andare a tagliare è lì che va a colpire e se deve raschiare il barile della spesa, spranga la porta delle assunzioni. Così non stupisce l'ennesima dichiarazione provocatoria della Lega che vorrebbe trasferire al Nord, in una sorta di seconda Capitale, le sedi dei ministeri. Una boutade o un progetto realizzabile? E quanti dipendenti sarebbero eventualmente coinvolti? Spiega Mauro Giuliattini, responsabile della Funzione pubblica per Roma e Lazio della Cisl: «Gli statali ministeriali sono circa 180.000 ma di questi solo 45.000 è dislocato nelle sedi dei Dicasteri. Gli accorpamenti e la soppressione di alcuni ministeri voluti dalle diverse riforme della pubblica amministrazione, a cominciare da quella Bassanini, hanno snelito di molto il personale. Nell'arco di dieci anni si è passati da 70.000 dipendenti nelle sedi entrali a 45.000». Non solo. Le esigenze di bilancio hanno consentito le assunzioni con il contagocce e introdotto misure di federalismo con lo spostamento di numerose funzioni negli uffici periferici e negli enti locali. Se il panorama dei travet si allarga anche al personale della scuola, della polizia, della sanità e degli enti locali, l'esercito dei travet, afferma Giuliattini, sale a circa 3,2 milioni. Ma questi, secondo la Lega non dovrebbero essere toccati. Quello dello spostamento dei ministeriali non è un'idea nuova. C'è stato un momento che fu molto in voga nella politica parlare di decentramento dei gangli vitali della publica amministrazione dal centro della Capitale alla periferia. Erano gli anni '60 e '70 e una schiera di urbanisti incitati dai politici di turno si cimentarono con un piano dalla sigla avveniristica: lo Sdo, ovvero il Sistema direzionale orientale. Il progetto passò di giunta in giunta e si impantanò in discussioni infinite e nei veti dei diversi interessi. Infine il sindaco Alemanno ha messo una pietra sull'idea dello Sdo. L.D.P.