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Attacco islamico

Osama Bin Laden

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Il terzo millennio si è aperto ufficialmente l'11 settembre 2001. Da allora niente è come prima. Nove anni dopo, abbiamo assistito al tentativo di insabbiare quella frattura, al progetto di cancellare dalla memoria l'attacco alle Torri Gemelle, al disegno di annullare ogni ricordo e concludere che in fondo lo "scontro di civiltà" non esiste. Mi dispiace per le finte anime pie, quell'evento non è rubricabile nel passato, produce i suoi effetti e tutti i giorni ne abbiamo la conferma. Molti citano il libro di Samuel Huntington - originato da un primo saggio sulla rivista Foreign Affairs - senza averlo mai letto. In realtà il saggio del grande studioso americano era un campanello d'allarme che andrebbe riletto per cercare una soluzione pragmatica - non utopistica - allo scontro in atto. Tre eventi in una giornata apparentemente "normale" ci costringono a ripensare il nostro mondo: 1. sei islamici sono stati arrestati a Londra perché sospettati di preparare un attentato contro il Papa in visita in Gran Bretagna; 2. un alpino italiano in missione in Afghanistan è stato ucciso mentre cercava di assicurare la pace nel Paese che un tempo era dominato dai talebani, gli stessi che hanno ferito il centro di Manhattan; 3. una donna vestita con il burqa ha spaventato i bambini di un asilo a Sonnino, in provincia di Latina. L'innocenza dei bimbi parla più dei discorsi degli adulti sulla libertà delle donne e l'Islam.   Qualcuno può pensare che questi tre eventi che si sono svolti su teatri diversi siano impossibili da collegare. In realtà sono uniti da un fil rouge chiarissimo che le cattive coscienze non vogliono vedere. Due mondi sono entrati in conflitto. Questa confronto produce traumi: c'è quello della guerra, della guerriglia e del terrorismo; quello dell'integrazione/disintegrazione, dell'accettazione/rifiuto dell'Occidente come sistema di regole, convivenza, libertà, costume sociale e metodo democratico. L'Islam radicale non accetta il nostro modo di vivere e concepire la società, combatte la nostra idea di civiltà, la considera lontana, abominevole, un male da cancellare con la forza delle armi, della violenza e della violazione di qualsiasi diritto. Viene da chiedersi se in questo scenario esista un altro Islam, moderato, rispettoso dei diritti umani, solidale, desideroso di democrazia. Confesso il mio pessimismo. Una sola cosa è certa: se esiste, in questo momento è perdente su tutti i fronti. Questo non significa che non valga la pena di cercarlo e aiutarlo a crescere. Ma contemporaneamente l'Occidente ha il dovere di rispondere alla minaccia con la doppia arma della diplomazia e con la sua clausewiziana continuazione: la guerra. Esportare la democrazia non è un errore, ma un dovere di chi ama la libertà non solo per sè ma per tutti. Vedo già i parrucconi sollevare il ditino. Sono quelli che si godono la pace grazie all'ombrello protettivo aperto dagli altri. Sorseggiano brunello, mentre c'è chi muore al fronte. Godono a piene mani dei sacrifici delle nazioni e dei soldati che fanno la guerra. Fanno i filosofi, evocano Bin Laden e deplorano l'America mentre il mondo è pieno di gente cattiva che non vede l'ora di distruggere, cancellare dalla carta geografica gli Stati democratici. I totalitarismi si somigliano, ma in pochi sembrano aver compreso cosa sia l'islamofascismo. Il problema è che il tempo del dibattito culturale è scaduto: le teocrazie islamiche, le organizzazione terroristiche transnazionali non attendono gli esiti del nostro salotto culturale. Uccidono. Ci provano (e riescono) tutti i giorni. A Londra, centro nevralgico di una delle potenze globali, metropoli finanziaria, simbolo dell'espansione anglosassone, il campanello d'allarme è suonato da un pezzo. Il modello di integrazione inglese è fallito. Le cellule autonome di al Qaeda e dello jihadismo che non prevede alcuna mediazione ma solo il conflitto, proliferano. Intere zone della capitale britannica sono fuori-legge, nel senso che all'interno delle comunità islamiche si applicano non le regole del common law, ma la barbarie della sharia islamica. Giorni fa, quando abbiamo ricordato su Il Tempo l'anniversario infausto dell'11 settembre 2001, abbiamo sostenuto le ragioni per cui quel momento rappresenta un salto storico, un passaggio in un'altra epoca.   I fatti ci danno ragione. Sappiamo anche che tutto quello che sta accadendo non convincerà gli ipocriti, gli ignoranti, gli ammalati di pregiudizio morale, della necessità di cambiare passo e rendersi conto che la strategia dell'appeasament, dell'accordo costi quel che costi, non può più essere perseguita. Cari lettori de Il Tempo, c'è davvero un filo rosso che lega tutti gli eventi. Tra pochi mesi lo vedremo dipanarsi di fronte ai nostri occhi: quando l'Iran teocratico e soprattutto atomico sarà una minaccia troppo grande per esser trattato come un semplice caso diplomatico da quartetto e minuetto. A quel punto, vedrete Obama far parlare i cannoni. Oppure tacere e far perire quel che resta della pace e della sicurezza in un posto che a noi è caro: l'Occidente.

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