Se gli americani sono "Una tigre di carta"
La storia ci offre un quadro sconsolante. Dal 1970 al 1975, durante le Amministrazioni di Nixon e Ford, parecchi diplomatici americani sono stati uccisi in Sudan e in Libano e molti altri sono stati rapiti. I colpevoli erano agenti di una delle tante fazioni dell'OLP. Anche in Israele molti cittadini americani sono stati assassinati dall'OLP, sebbene, fatta eccezione per i missili sparati dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina contro la nostra ambasciata e altri edifici americani a Beirut, questi attacchi non fossero direttamente rivolti contro gli Stati Uniti. In ogni caso, non c'è stata alcuna forma di ritorsione militare da parte degli americani. I nostri diplomatici venivano dunque già da alcuni anni impunemente uccisi dai terroristi musulmani quando, nel 1979, con Carter alla Casa Bianca, alcuni studenti iraniani (con il preventivo avvallo o la successiva benedizione dell'ayatollah Khomeini) entrarono nell'ambasciata americana di Teheran e presero 52 ostaggi americani. Per cinque mesi, Carter rimase a tentennare. Alla fine, facendosi coraggio, autorizzò un'operazione militare di salvataggio finita nel nulla dopo una serie di clamorosi sbagli degni di figurare in un film dei fratelli Marx, se non fosse che erano più umilianti che comici. Dopo 444 giorni, e poche ore dopo l'insediamento di Reagan alla Casa Bianca nel gennaio 1981, gli ostaggi furono finalmente rilasciati dagli iraniani, evidentemente perché temevano che il nuovo e bellicoso presidente potesse effettivamente lanciare una vera offensiva militare contro di loro. Tuttavia, se avessero potuto prevedere quale sarebbe stato il corso seguito dalla presidenza Reagan, non sarebbero stati così timorosi. *** Lo stillicidio proseguì. Nell'ottobre 1985 un gruppo guidato dal membro dell'OLP Abu Abbas (con l'appoggio della Libia) prese in ostaggio l'Achille Lauro, una nave da crociera italiana. Un terrorista gettò giù dalla nave un passeggero americano anziano e in sedia a rotelle, Leon Klinghoffer. Quando i terroristi cercarono di fuggire con un aereo, gli Stati Uniti inviarono alcuni caccia per intercettarlo e lo constrinsero ad atterrare. L'assassino di Klinghoffer fu poi catturato e condannato in Italia, ma le autorità italiane lasciarono libero Abu Abbas. Washington (che evidentemente aveva esaurito il suo repertorio di ritorsioni militari) si limitò a protestare per il rilascio di Abu Abbas. Senza ottenere nulla. Il coinvolgimento della Libia nel sequestro dell'Achille Lauro fu, comunque, l'ultima concessione dell'Amministrazione Reagan al dittatore di quel paese, Muammar el-Gheddafi. *** Nel gennaio 1989 divenne presidente George H.W. Bush, il quale, in riferimento all'attentato contro il volo 103 della Pan Am, si accontentò di mantenere l'approccio al terrorismo già adottato da tutti i suoi predecessori. Durante la sua presidenza, ci sono stati parecchi attentati delle organizzazioni terroristiche islamiche contro gli americani in Turchia, Egitto, Arabia Saudita e Libano. Nessuno di questi è stato sanguinoso quanto i precedenti, e nessuno ha provocato alcuna risposta militare da parte degli Stati Uniti. Nel gennaio 1993 è salito alla Casa Bianca Bill Clinton. Anche durante i suoi otto anni di presidenza, cittadini americani sono stati feriti o uccisi, in Israele e in altri paesi, da terroristi che non si rivolgevano direttamente contro gli Stati Uniti. Ma numerosi e spettacolari operazioni terroristiche dirette esplicitamente contro gli Stati Uniti sono avvenute sotto gli occhi di Clinton. La prima, il 26 febbraio 1993, soltanto 38 giorni dopo il suo insediamento, è stata l'esplosione di una bomba nel garage del World Trade Center a New York. In confronto a quello che è poi avvenuto l'11 settembre 2001, questo lo si può definire un incidente minore, in cui sono state uccise «soltanto» sei persone e ferite oltre mille. I sei terroristi musulmani colpevoli dell'attentato sono stati arrestati, processati e condannati con sentenze severe. Ma nel seguire l'ormai tradizionale modello di considerare simili attentati come crimini comuni o come l'opera di gruppi canaglia che agivano in proprio, l'Amministrazione Clinton ha consapevolmente ignorato esperti esterni come Steven Emerson e persino il direttore della CIA, R. James Woolsey, il quale aveva grossi sospetti che dietro i singoli colpevoli ci fosse una rete terroristica islamica con il proprio quartier generale in Sudan. Questa rete, allora niente affatto nota al pubblico, si chiamava al-Qaeda, e il suo leader era un saudita che in Afghanistan aveva combattuto al nostro fianco contro i sovietici, ma che poi si era rivoltato contro di noi. Il suo nome era Osama bin Laden. *** La semplice audacia dell'azione compiuta da Bin Laden l'11 settembre 2001 è stata senza dubbio il frutto del suo disprezzo per la potenza americana. Il nostro continuo rifiuto di usare questa potenza contro di lui e i suoi terroristi (o di usarla con efficacia tutte le volte che ci avevamo provato) rafforzò la sua convinzione che gli Stati Uniti fossero una nazione sulla via del declino, destinata a essere sconfitta dal risorgere di quella militanza islamica che un tempo aveva conquistato e convertito con la forza della propria spada una larga fetta del mondo. Secondo la visione di Bin Laden, migliaia e addirittura milioni di suoi seguaci e simpatizzanti in tutto il mondo musulmano erano pronti a morire come martiri nel jihad, la guerra santa, contro il «Grande Satana», come ci aveva definiti l'ayatollah Khomeini. Inoltre, noi occidentali, soprattutto in America, avevamo talmente paura di morire che ci mancava persino la volontà di combattere per difendere il nostro degenerato stile di vita. Bin Laden non ha mai fatto misteri di questo suo giudizio sugli Stati Uniti. In un'intervista rilasciata alla CNN nel 1997 ha dichiarato: «Il mito della superpotenza è stato distrutto, non solo nella mia mente ma anche in quella di tutti i musulmani, quando l'Unione Sovietica si ritirò sconfitta dall'Afghanistan». Il fatto che i guerriglieri musulmani in Afghanistan non avrebbero quasi certamente vinto se non fossero stati riforniti di armi dagli Stati Uniti non sembra fare parte della lezione che Bin Laden ha tratto dalla sconfitta dell'URSS. Così, in un'intervista rilasciata un anno prima, aveva sminuito gli Stati Uniti rispetto all'Unione Sovietica: «Il soldato russo è più coraggioso e tenace del soldato americano»; di conseguenza, «la nostra battaglia contro gli Stati Uniti appare più facile di quella che abbiamo dovuto combattere in Afghanistan». Facendosi ancora più esplicito, Bin Laden bollò gli americani come codardi. Reagan non se l'era forse data a gambe dal Libano dopo l'attentato contro la caserma dei marines nel 1983? E Clinton non aveva forse fatto la stessa cosa dieci anni dopo, non appena alcuni ranger americani erano rimasti uccisi in Somalia, dove erano stati mandati per partecipare a un'operazione di peacekeeping? *** In una terza intervista rilasciata nel 1998, Bin Laden ha offerto una spiegazione riassuntiva: «Dopo avere lasciato l'Afghanistan, i combattenti musulmani si recarono in Somalia e si prepararono a una lunga battaglia, pensando che gli americani fossero come i russi. Rimasero sorpresi dal morale basso dei soldati americani e si resero finalmente conto che il soldato americano era una tigre di carta e che dopo un paio di colpi fuggiva in ritirata».