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Sarkozy contrattacca Avanti con gli sgomberi

Jose Manuel Barroso con il presidente francese Nicolas Sarkozy

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La Francia ribalta le accuse di razzismo che gli erano piovute addosso dopo la decisione di rimpatriare i nomadi residenti nei campi illegali. Al vertice dei leader dell'Unione Europea Nicolas Sarkozy si scontra con il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso, chiede spiegazioni per l'attacco «violento» della commissaria Reding, richiama alle loro responsabilità gli altri governi e tira dritto: continueremo a smantellare gli insediamenti. Tutti erano convinti che l'agenda della riunione del Consiglio d'Europa non sarebbe stata la stessa dopo il discorso di fuoco di Viviane Reding contro la legge francese sui rimpatri. Sarkozy lo aveva già fatto capire, senza parlare in prima persona, ma affidando ai suoi senatori il compito di raccontare al mondo la sua rabbia. E a Bruxelles Nicolas ha parlato. Si è detto profondamente umiliato per le accuse di discriminazione, quelle accuse che proprio lì, nella città belga, la Commissaria alla Giustizia della Ue aveva rivolto al suo governo. Le frasi della Reding, ha detto, «hanno scioccato i sentimenti di tutti i miei compatrioti», paragonando gli sgomberi dei campi illegali alle deportazioni della seconda guerra mondiale. Un'offesa profonda per un paese che è e vuole restare «la prima terra d'accoglienza per gli esiliati d'Europa». Altre, più pesanti, sono le parole che il capo dell'Eliseo avrebbe detto a Manuel Barroso, come hanno riferito diplomatici presenti alla riunione. Sarkozy non avrebbe digerito l'attacco di martedì: offese e paragoni provocatori che avrebbero «ferito la Francia». Anche il primo ministro bulgaro, Boyko Borissov, testimone dello scontro, sarebbe rimasto colpito dallo «scambio molto violento» di battute tra i due. Nessun astio personale, ma la ferma volontà del presidente francese di difendere le scelte del suo governo. Infatti Sarkozy ha ridimensionato la ricostruzione dell'episodio e ha ribadito di «conoscere bene e apprezzare» Barroso. E il presidente Ue ha preferito guardare avanti: «Lasciamo da parte le polemiche, evitando controversie inutili, e affrontiamo il problema». Ma Sarkozy non ha fatto sconti a chi lo ha attaccato: gli sgomberi dei campi illegali continueranno. Nella conferenza stampa il capo dell'Eliseo ha ricordato che già più di 55 mila insediamenti nomadi sono stati smontati. Ma, si è difeso, «non c'è alcuna forma di discriminazione. Tutto è successo ed è stato voluto dalle leggi, dai nostri regolamenti». Il presidente francese ha precisato che lo smantellamento riguarderà «tutti i campi illegali», indipendentemente dalla nazionalità, l'origine e l'etnia degli occupanti, smentendo così la circolare del ministero dell'Interno, che parlava di «priorità» per i rimpatri dei rom, e che aveva provocato una bufera nel governo dell'Ump. Poi le parole orgogliose: «I francesi devono sapere che questa politica continuerà nel rispetto delle regole repubblicane». Ma Nicolas non si è limitato a difendersi. Ha anche cercato alleati nella sua battaglia, chiamando in causa la cancelliera tedesca Angela Merkel che, ha detto, vorrebbe seguire la Francia sulla strada degli smantellamenti dei campi abusivi. Da Berlino è arrivata una smentita ufficiale: Sarkozy però ha ottenuto una prima vittoria visto che il presidente Ue Herman Van Rompuy ha annunciato un nuovo vertice dei capi di Stato per discutere della questione. E il premier spagnolo Zapatero lo ha difeso, definendo i campi irregolari «una pratica negativa» e assicurando che alla riunione il capo dell'Eliseo ha fornito «spiegazioni esaurienti» sugli sgomberi. Intanto il governo francese non si ferma: il ministro dell'Immigrazione Eric Besson ha annunciato che tra luglio e settembre dovrebbero essere espulsi altri 1.700 cittadini bulgari e romeni «irregolari». Dall'inizio dell'anno sono stati rimpatriati circa 8.313 rom romeni o bulgari.

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