Veltroni avverte Bersani ed il Pd: è sbagliato non vedere le difficoltà
A scontrarsi aspramente nel Pd, anche durante la lunga riunione del coordinamento che si è svolta ieri notte, dopo una giornata turbolenta, sono la linea veltroniana del ritorno alla «vocazione maggioritaria» del partito, allo «spirito del Lingotto», su cui Veltroni impostò la campagna elettorale del 2008, portando il partito alla sconfitta contro Berlusconi ma anche al suo massimo storico (33 per cento), e quella dalemian-bersaniana del «Nuovo Ulivo» e di alleanze a cerchi concentrici, che intanto trova una nuova elaborazione in un documento dei quarantenni dalemiani dal titolo «Tornare avanti». Il richiamo alla centralità del programma e dei contenuti, piuttosto che delle alleanze o della candidatura alla premiership, è largamente condiviso e per il momento sembra consentire a tutti di abbassare i toni. NO ALLE ALLEANZE - Ma Veltroni ribadisce il suo «no» ad ammucchiate e ad alleanze «emergenziali» per battere Berlusconi, ritiene non ancora pronta l'alternativa e non percorribile la strada di governi tecnici o di elezioni subito, e rilancia il progetto originario del Pd. Un rilancio che rischia di accentuare le divisioni interne e quindi trova una ferma opposizione da parte della maggioranza del partito. Il segretario, Pierluigi Bersani, invita a «stare attenti a non fare regali al premier», e piuttosto ad andare «avanti con il Nuovo Ulivo». Ieri, dalle telecamere del Tg1, confermando l'intenzione di candidarsi al governo del Paese, Bersani ha lanciato un messaggio a Walter Veltroni: «Noi non siamo un partito del predellino come il Pdl. Siamo un partito europeo che ha una maggioranza e una minoranza. La minoranza si sta riorganizzando, ma la maggioranza congressuale si è pronunciata, ha proposto una linea e su questa si andrà avanti... Dobbiamo buttare la palla nel loro campo, non nel nostro». PARERI DISCORDANTI - Un modo per tentare di porre fine alle polemiche sulla vera missione del partito, sulle alleanze e sulla perdita di consensi che emerge dai sondaggi. Dal canto suo Veltroni non ha ancora abbandonato però l'idea di un documento di dissenso nei confronti della linea del segretario che dovrebbe porre le basi per strutturare in modo più visibile la minoranza interna. Iniziativa che suscita irritazione per le divisioni che può alimentare, proprio mentre i riflettori sono accesi sulle divisioni nella maggioranza. L'ipotesi di un documento veltroniano è vista come il tentativo di riaprire il congresso da cui è uscita una chiara linea maggioritaria e ha quindi suscitato forti opposizioni e richiami all'unità da parte di Ignazio Marino come di Franco Marini, da parte di Piero Fassino e di Dario Franceschini, e ovviamente di Massimo D'Alema. Beppe Fioroni ha tentato di prendere le difese dell'iniziativa, spiegando che non sarebbe servita a «schierarsi contro qualcuno», ma a «ribadire le ragioni fondative del Pd» e non si sarebbe limitata all'area dei veltroniani e degli ex popolari. ALLA RICERCA DI UNITA' -«Di fronte alla destra spaccata e ai rischi per la democrazia, nel Pd deve prevalere la ricerca di unità, non di protagonismo che divide», scrive oggi il capogruppo Pd Franceschini sulla sua pagina internet. Ma torna a parlare anche Veltroni, attraverso un'intervista per il settimanale «Gioia»: spiega di non chiedere «ruoli», ma di voler «tenere viva l'idea del Pd così com'è nato», e di sentirsi «dentro e fuori» il Pd, «perchè io sono così, sono rimasto così, e continuo a essere convinto che una tavolozza a più colori sia più simile alla realtà della vita delle persone». L'ex leader del Pd non è tra quanti spingono per tornare subito alle urne, serve un anno di tempo perchè maturino le condizioni: «Bisogna affrontare l'emergenza economica, cambiare la legge elettorale, far decantare la situazione, creare le condizioni per un confronto tra due schieramenti alternativi civili. E, tra un anno, andare al voto». RIPARTIRE DAL POSTO FISSO - Riguardo l'atteggiamento nei suoi confronti all'interno del partito, parla di «ingiustizie e vigliaccherie». «Fossi stato più giovane ne avrei sofferto», ma «ultimamente ho girato l'Italia per partecipare alle feste del Pd e ho misurato un affetto più grande di prima. Rivedere i luoghi della mia campagna elettorale e ripensare a quelle piazze piene, a quella passione, fa male. Ma so di essere arrivato fin dove era possibile arrivare, di aver conquistato il risultato migliore della storia del riformismo italiano e di averlo fatto nel momento più difficile, dopo l'esperienza dell'Unione e delle sue intollerabili divisioni». Da dove ripartire, dunque? Veltroni ha le idee chiare: dal posto fisso. «Giorni fa il Papa, parlando ai giovani, ha detto che il posto fisso non è tutto. Non sarà tutto, ma è abbastanza. Penso che si debba ripartire da lì: i giovani devono avere diritto a un posto di lavoro fisso, dall'inizio della loro carriera, con un sistema crescente di tutele».