Quando Fini accusava Lombardo di collusione con le cosche
Gianfranco Fini e l'alleato «da sorvegliare». Il Presidente della Camera Gianfranco Fini è sempre stato un uomo dal grande rigore morale. Alla fine dell'estate del 1992 l'allora segretario dell'Msi partecipò alla festa Tricolore di Catania. La Sicilia era ancora scossa dai gravissimi attentati ai giudici Falcone e Borsellino. Il clima politico di quelle settimane era teso alla vigilia di una tornata elettorale importante. Nel corso del suo comizio a Catania, l'8 settembre del 1992, Gianfranco Fini sferrò un durissimo attacco alla Dc siciliana. All'indomani, il quotidiano La Sicilia riportò l'intervento di Gianfranco Fini affermando che il Governo in carica, si trattava dell'esecutivo guidato da Giuliano Amato, avrebbe dovuto «mettere in condizione di non nuocere: politici collusi con le cosche mafiose». Lo stesso Fini affermava che vi erano uomini politici «da sorvegliare». Ma chi erano questi uomini politici? Fini li elencava ai militanti del Msi: «Si tratta di esponenti politici regionali al centro di inchieste su scambi di favori e voti con esponenti mafiosi, su compravendite di posti di lavoro pubblici, su finanziamenti pubblici alle proprie campagne elettorali». Nel suo intervento Fini elencò questi nomi: Raffaele Lombardo, Domenico Sodano, Biagio Sisinni, Giuseppe D'Agostino, Salvatore Lenza, Alfio Pulvirenti e Salvo Fleres. Il 10 settembre del 1992, Gianfranco Fini presentò, come primo firmatario, un'interrogazione parlamentare a risposta scritta contro Raffaele Lombardo e gli altri esponenti politici «da sorvegliare». Il testo dell'atto era durissimo: Fini chiedeva di «controllare l'operato dei numerosi esponenti politici regionali eletti all'ARS nella circoscrizione di Catania al centro di numerose inchieste su scambi di favore e voti con esponenti mafiosi, su compravendite di posti di lavoro pubblici, su finanziamenti pubblici alle proprie campagne elettorali, tra i quali Raffaele Lombardo (DC), Biagio Susinni (Movimento Repubblicano), Alfio Pulvirenti (PRI), Domenico Sudano (DC), Giuseppe D'Agostino (DC), Salvo Fleres (PRI), Salvatore Leanza (PSI) e quant'altri coinvolti in operazioni di dubbia liceità». L'iniziativa non piacque ad uno dei parlamentari dell'Ars citati da Fini. Il 6 ottobre del 1992 Giuseppe D'Agostino presentò querela contro Fini per diffamazione a mezzo stampa. Il governo non rispose mai a quella interrogazione. E la Camera respinse la richiesta di autorizzazione a procedere contro Fini per diffamazione. Allora nessuno avrebbe potuto immaginare che un giorno Gianfranco Fini e Raffaele Lombardo potessero scendere a patti dopo un atto di accusa così grave. Il 11 giugno del 2009 è proprio Gianfranco Fini a tenere in vita politicamente Raffaele Lombardo, l'uomo politico «da sorvegliare». Quel giorno il Presidente della Camera incontra Lombardo per cercare di mediare lo strappo tra l'Mpa e il Pdl per evitare la caduta della Giunta regionale siciliana. Ma quando la rottura con il Pdl in Sicilia diventa davvero insanabile, Lombardo vola dal Presidente della Camera a Montecitorio il 7 aprile del 2010. L'incontro, organizzato da Fabio Granata, termina con una calorosa stretta di mano tra i due. Una volta uscito dall'incontro con il suo ex accusatore politico, Lombardo è raggiante: «So bene che Fini non ha mai scoraggiato i suoi uomini a portare avanti il rapporto con me»...