Bossi: Padania libera. Poi pensione
A Venezia doveva essere il giorno dello sfogo, delle sparate in tipico stile leghista, delle dichiarazioni chiave e invece chi si aspettava di vedere l'Umberto furioso è rimasto deluso. Nessun riferimento alla posizione della Lega all'interno del governo, nessun accenno alla questione del voto anticipato, ma, dal palco galleggiante costruito sull'acqua della laguna veneta, Bossi ha voluto aprirsi e mostrare alla sua gente un lato più privato, a tratti quasi malinconico: «Il tempo passa anche per me. L'altro giorno ero in montagna e mi mancava l'aria. Per fortuna mi ha aiutato mio figlio e mia moglie Manuela. Ma noi andremo avanti lo stesso fino alla fine per portare avanti il nostro sogno di libertà della Padania. E io andrò in pensione solo dopo che la Padania sarà realizzata e libera». Una missione per Bossi, che, con quelle parole, ha voluto rassicurare la sua gente. Lui c'è e continuerà a lottare contro chi, come il presidente della Camera, denigra la sua gente: «Fini a Mirabello ha detto una stupidaggine sul fatto che la Padania non esiste perché i padani esistono e hanno una sola volontà e una sola fede». Bossi così si ricarica. Gli è bastato gettare lo sguardo alla marea di persone che, all'insegna del folklore nordista, affollava Riva dei Sette Martiri, per ritrovare quella consueta foga tipica dei suoi comizi. E naturalmente il tema che gli ha trasmesso l'energia è proprio il federalismo: «La va a giorni, la va a ore, preparatevi a fare festa in piazza...». Nell'immediato, il capo del Carroccio si riferisce ai decreti attuativi del federalismo elogiando il lavoro di squadra che lo ha visto parte attiva assieme al ministro della Semplificazione: «La premiata ditta Calderoli-Bossi - ha detto - ce l'ha fatta a portare a casa il federalismo». Una delle novità, ha annunciato, sarà che «alle regioni andrà una miscela di Irpef e Iva. Se Cota in Piemonte può avere l'Irpef, può fermare sul territorio tutte le aziende che delocalizzano all'estero, lo stesso vale per il Veneto». Un primo passo federalista, del resto, la Lega l'ha già incassato, con i beni demaniali: «Abbiamo portato a casa le acque - ha ricordato - I fiumi e i laghi adesso tornano alle Regioni, e mai più finiranno a Roma ladrona». Un vecchio cavallo di battaglia che ha riscosso l'immediato applauso del popolo nordista al quale però il Senatùr ha negato la possibilità di sapere se la Lega veramente spingerà per ottenere il voto anticipato. Infatti, ricomposto il patto di ferro con il premier e le truppe leali del Pdl, il capo del Carroccio non ha fatto accenno né alle elezioni né di salite al Colle delegando il compito di dettare la linea a Calderoli e al ministro dell'Interno Roberto Maroni. Così, se il primo metteva le mani avanti avvertendo che «un governo per arrivare a mangiare il panettone non serve a nessuno», Maroni, numeri alla mano, commenta: «Se ci saranno i 316 voti di fiducia Berlusconi andrà avanti; se no si deve dimettere». Il colpo di teatro è però arrivato alla fine della manifestazione quando Bossi si preparava a riversare in laguna l'acqua del Po raccolta venerdì sul Monviso. E così, attorniato dallo stato maggiore del partito e con a fianco il figlio Renzo, Bossi ha prima versato un pò d'acqua del Po in laguna, quindi, con gesto quasi evangelico, ha «battezzato» i due che aveva più vicini, Calderoli e Zaia, versando sulle loro teste alcune gocce del grande fiume suscitando lo scroscio di applausi e di risate della sua gente. La festa dei popoli padani però, non poteva veramente finire senza che Bossi rivolgesse qualche parola, questa volta quasi affettuosa, alla signora Lucia Massarotto, la veneziana che ogni anno espone il Tricolore per protesta contro la Lega: «La signora Lucia non è più così dura con noi come in passato». E conclude: «Chi la dura la vince...».