Le sette vite del Cav

Non è ancora il momento per tirare le somme, ma la politica va commentata in ogni sua mossa. E se oggi guardiamo la scacchiera non possiamo non vedere che per Gianfranco Fini la vita si fa difficile. Non che navigasse in mari tranquilli, ma in ventiquattr’ore il presidente della Camera registra sul suo taccuino di gioco il fatto che il repubblicano Giuseppe Nucara annuncia la costituzione di un gruppo parlamentare di venti deputati e l’Udc è in pieno marasma. Il nuovo gruppo si chiamerà - come anticipato da Il Tempo - «responsabilità nazionale» e aggiungerà i suoi voti a quelli dei finiani che, secondo quanto espresso a Mirabello dal leader Fini, voteranno il governo in carica. La politica italiana è roba per gente con i nervi saldi e per questo non bisogna anticipare il risultato, ma se le premesse si traducono in fatti, Berlusconi mette a segno un colpaccio da maestro che la dice lunga sulla qualità degli avversari. Mai sottovalutare il Cavaliere. Ha sette vite come i gatti. Fini vede in queste ore assottigliarsi tutto il peso dei voti del gruppo che aveva costituito alla Camera e al Senato. Al netto delle difficoltà che emergeranno comunque durante le sedute parlamentari, l’influenza dei finiani potrebbe uscirne fortemente ridotta. Casini nel frattempo vede sotto i suoi occhi il gruppo dei parlamentari siciliani prendere una rotta imprevista: l’Udc non è un monolite, i parlamentari siciliani hanno detto chiaramente che la linea di Pier non li convince, che così non si va da nessuna parte e loro non ci stanno. O meglio, ci stanno a votare il Cav. Al di là dei numeri e della cronaca che registra ogni giorno una sorta di stop and go della politica, lo scenario che sta emergendo è abbastanza chiaro: il partito dello sfascio, delle elezioni anticipate a ogni costo, la fazione del logoramento, il gruppo del tanto peggio tanto meglio (facendo finta di esser il meglio in circolazione) non ha il consenso non degli italiani - cosa per la quale non c’era bisogno di aver fatto grandi studi per capirla - ma neppure dello stesso Parlamento che di andare a votare non ne vuol sapere e di vivacchiare aspettando uno sbadiglio o uno sternuto di Fini neppure. Intendiamoci, qui le partite sono tutte ancora aperte e, osservando da parecchio tempo il Palazzo, so bene che i voti sono in cassaforte solo quando la votazione s’è chiusa. Ma la sensazione è quella che lo scollamento tra i desideri degli antiberlusconiani (già ridimensionati dal fatto che non possono permettersi le elezioni) e la realtà politica e sociale sia gigantesco. Di Fini abbiamo parlato parecchio durante l’estate, ma val la pena ribadire che il suo progetto politico se non assente ha una gittata cortissima: ha rotto con la destra classica, ha avviato un percorso verso una terra di mezzo dove impera una gran confusione ideologica, la sua truppa parlamentare somiglia a una Babele. Non sono grandi ingredienti per sfornare una buona torta politica. Se a questo aggiungiamo il deficit di organizzazione che gli impedisce di rompere del tutto e giocare la carta delle elezioni anticipate, è chiaro che così Gianfranco sbatte dritto contro un muro di titanio. Fini ha i suoi guai, ma ciò che è davvero incomprensibile è come Pier Ferdinando Casini, un politico di razza, uno allevato nel ventre della Balena Bianca, uno che conosce benissimo il Palazzo, un enfant prodige del Parlamento, possa sprecare tutto il suo talento in una posizione ormai surreale. Né a destra né a sinistra, collocato in un centro mobile che l’elettorato non ha mai sposato fino a farlo diventare un’onda di piena. Vien da chiedersi e chiedergli: Casini, dove vai? Non può agitare la bandiera dell’antiberlusconismo dei descamisados, è lontano anni luce per formazione culturale e tradizione politica dalla sinistra laicista, il suo garantismo non può permettersi di finire in ostaggio degli alleati deboli di Di Pietro, e lui ancora si ostina a stare nel limbo, in una posizione politica «né né» che tra un po’ lo farà apparire come un leader immaturo, cosa che tra l’altro Pier non è affatto. Casini può anche non far pace con Berlusconi, ma deve tornare a percorrere la corrente del centrodestra e appoggiare il governo di Silvio con una formula che sia rispettosa delle sue scelte degli ultimi anni. Si può divorziare da un leader politico come Berlusconi, non apprezzarne lo stile e la cultura politica, distinguersi e perfino farci la guerra ogni tanto, ma se la tua storia è quella della Democrazia cristiana, allora devi esser flessibile e pragmatico, cattolico e laico insieme: Casini dopo lo strappo di Fini dalla destra classica, è l’unico che ha ancora un elettorato potenziale di matrice moderata. Ma l’elettorato è come un campo da coltivare. Se tu te ne allontani, non lo ari, semini e curi, allora non puoi lamentarti se il raccolto è scarso. L’elettorato di Casini non sta a sinistra né tantomento nel fantomatico centro che non è maggioritario. Sta a destra. E Casini deve coltivarlo. Se lo fa, torna in campo per il futuro, se sceglie di stare dall’altra parte o di non scegliere, si ritrova a giocare a scopa con Fini. Sai che divertimento.