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L'integrazione è sinistrata É ora di tornare alla Nazione

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Gaberafferrava rapidamente, da libertario vero, gli aspetti grotteschi e, insieme violenti dell'ideologia sinistrata. Grottesca e violenta è la posizione della sinistra e dei salottieri progressisti radical-chic che, a dispetto delle evidenze palesemente divergenti rispetto ai loro disastrati percorsi mentali, insistono nel programmare la «realtà» secondo i loro schemi. Capita oggi, come capitava ieri. La solita vecchia storia. Se le famiglie dei bambini stranieri e loro stessi vogliono avere accanto le famiglie italiane e i coetanei italiani, loro, i guru non richiesti della società, cosa dicono? Vadano al diavolo i fatti, abbiamo ragione noi. La società e la scuola devono - devono, capite? - essere come noi le pensiamo, altrimenti, semplicemente non potranno essere. Non sono connessi con la realtà, vivono ancora nel loft veltroniano, come se fossero i «messaggeri celesti» della Verità Progressista. Ora c'è la tribalizzazione, metafora perfetta dello smembramento delle intelligenze: tutti a cercare un nascondiglio, loft o modesta stamberga, per sopravvivere, partorendo lo stupidario della sinistra più regressiva d'Europa. Non basta. Così, questa sinistra dimostra di non avere a cuore il sacro valore dell'identità nazionale, così tanto sbandierato dai guru neo-progressisti. Abbiamo ingoiato tonnellate di verbosità fumosa e pallosa sull'attacco all'identità nazionale da parte dei «barbari» leghisti, ad esempio. E proprio dalle loro parti, nel Veneto, abbiamo modelli di integrazione di valore esemplare. La nazione è più grande delle ideologie, proprio come la realtà. Essa viene costruita da quegli italiani che riescono a mettere la parola «fine» alla diatriba sull'integrazione, letta solamente come pendant del multiculturalismo perdente. Di fronte alla grave condizione della scuola - che deve integrare senza smembrare l'idea di comunità e di nazione - la sinistra cosa si inventa? Ritorna su se stessa e cancella ogni brandello di accettazione della realtà e di equilibrio razionale, per veleggiare oltre la realtà, oltre le rovine di un modello sociale welfarista che non tiene più, almeno senza l'innesto dei valori tradizionali e della saggezza liberale. Ecco il punto: la realtà è più avanti e il realismo è la saggezza del cuore e della politica. Insieme. Assistiamo alla degenerazione sistematica della sinistra, sempre più simile ad una massa ideologica amorfa, non più «massa critica». Non c'è più niente, da quelle parti. Niente. Il fenomeno riguarda perfino il linguaggio: il niente è dentro di loro. Non possono più farci «niente», appunto, e con ciò, fare niente. I bambini, invece, signori della realtà, toccano le cose per scoprire quel giace dietro e dentro. Soltanto dopo astraggono e sillabano concetti e misure regolari di pensieri. I bambini sono i primi maestri di pragmatismo. Si muovono naturalmente verso le cose stesse, non hanno bisogno dei guru, loro. Sono - loro - i veri maestri.

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