Una valanga di poltrone sul piatto della trattativa
ECasini? Il partito della Nazione, i valori cattolici. E Berlusconi? Una valanga di poltrone, posti, posizioni di governo. Per esempio governa in undici Regioni, sette appena vinte. In queste ultime in quasi nessuna sono state decise le nuove nomine della sanità, la torta più interessante e più cospicua. Si tratta di direttori di Asl, ospedali, strutture sanitarie: potere reale sul territorio in altre parole. Poi c'è la partita più ampia. Come ha documentato Mf alcuni giorni fa, il solo spettro delle elezioni nella primavera del 2011 ha accelerato il ricambio ai vertici delle grandi aziende pubbliche. Cambieranno i manager di Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Poste. Per non parlare di una sesta poltrona che già è scaduta: si tratta di quella alla Consob dove resiste lo stallo tra Antonio Catricalà e Giuseppe Vegas. Che poi non è altro che lo scontro, molto dietro le quinte, tra Gianni Letta e Giulio Tremonti. Non si può dire che l'Udc sia rimasta del tutto insensibile a questo gioco dell'oca. Nel momento di trattativa più serrata con Berlusconi ha avuto due posizioni di rilievo. A fine luglio Casini è riuscito infatti a ottenere Michele Vietti, l'allora suo capogruppo alla Camera, al vertice del Csm come vicepresidente (il presidente si sa è il Capo dello Stato). Pochi giorni prima Roberto Sergio veniva confermato alla guida della Sipra, la società concessionaria della pubblicità della Rai dove il Cavaliere aveva pensato di sistemare due fedelissimi con curriculum poco discutibili come Antonio Martusciello e poi Giuliano Urbani. Ha rinunciato e Casini s'è ritrovato un presidente di una controllata di viale Mazzini. Non è servito a portare Casini nel centrodestra e adesso Silvio prova con i suoi. Che può tentare in ogni modo. Paolo Scaroni all'Eni, Fulvio Conti all'Enel, Flavio Cattaneo a Terna e il finiano Massimo Sarmi alle Poste hanno tutti compiuto già due mandati alla guida delle rispettive aziende. Pierfrancesco Guargaglini, poi, è alla guida del gruppo di piazza Montegrappa da otto anni e le ultime inchieste giudiziarie stavano per accelerare la sua uscita di scena. L'unico che ha reali chance per crescere è proprio Flavio Cattaneo, ben visto dal ministro dell'Economia, con un feeling recente con la Lega e dunque con l'asse forte del governo. Inoltre era amico di Ignazio La Russa già da quando era diretore generale della Rai. Proprio il feeling con il titolare della Difesa ha fatto immaginare una sua scalata a Finmeccanica anche se da più parti si insiste per un suo ingresso nella plancia di comando di Enel. Sarebbe anche l'azienda a lui più affine visto che viene da Terna. Più complesse le altre partite che potrebbero vedere solo uno spostamento degli altri manager con Scaroni a Finmeccanica e Conti all'Enel. Si vocifera anche di un arrivo di Franco Bernabè (dato in uscita da Telecom) che ha già una notevole esperienza a Eni. Si parla anche di un trasloco di Mauro Masi dalla Rai a Terna. Nel qual caso la tv pubblica potrebbe essere un posto appetibile per i centristi, sempre particolarmente sensibili al mondo di viale Mazzini, come sempre per tutti coloro che vengono dalla tradizione democristiana. Poi ci sono i posti di sottogoverno, come le agenzie regionali che devono essere rinnovate in quasi tutte le sette Regioni dove appena a marzo ha vinto il centrodestra. Di fronte a questa potenza di fuoco i finiani continuano a ripetere che sta per aderire un trentaseiesimo deputato al gruppo di Futuro e Libertà. Era circolato anche il nome di Santo Versace, ma il diretto interessato smentisce categoricamente: «Non ci penso proprio». Gli uomini del presidente della Camera continuano a ripetere che non solo c'è una nuova prossima adesione ma che «ce ne sarà una nuova al mese». Siamo alle schermaglie, al tatticismo spietato. La politica è ormai immersa in una mega-partita a poker dove al momento a prevalere, almeno nella parte pubblica, sembrano soprattutto i bluff. Sotto traccia invece la battaglia è senza quartiere. Berlusconi sta cercando di costituire un gruppo che lo porti ad avere anche senza i finiani i 316 voti necessari ad andare avanti in un voto di fiducia. Sarebbe una vittoia simbolica che renderebbe Fini irrilevante politicamente e comunque mettere fuori gioco la tattica del logoramento che a suo giudizio l'ex cofondatore del Pdl vorrebbe mettere in pratica. Gianfranco prova a resistere alle provocazioni che gli lancia Berlusocni dalla Russia e in Canada, dove si trova per una visita istituzionale, e risponde piccato: «Quando si è all'estero non si parla di questioni nazionali, se non - aggiunge - in termini positivi». Siamo solo all'inizio, tra qualche giorno dovranno cominciare a scoprirsi le carte.