La sfida di Vespa

Immancabile, come il campionato di serie A, come le file in libreria per comprare il sussidiario di storia e geografia, e come l'uva di nuovo in tavola, martedì 14 settembre il campanello di «Porta a Porta» torna a trillare. Alla presentazione della nuova stagione, ieri, sono stati preannunciati pochi cambiamenti rispetto a una formula che ha dimostrato di funzionare bene anche lo scorso anno. Ad aprire il portone bianco e massiccio anche quest'anno ci sarà ovviamente lui, Bruno Vespa. Anche perché, come dice il gergo abusato, squadra che vince non si cambia. E «Porta a Porta» ha fatto ottimi risultati anche nello scorso campionato televisivo. Un pubblico fedele di circa 12 milioni di italiani, racconta una ricerca Ispo. Che promuove a pieni voti tutto il programma, e in particolare il conduttore a cui assegna un 8 tondo. «Mi aspettavo una richiesta forte di rinnovamento - ha dichiarato Vespa - e invece alla maggioranza piace la formula così com'è». Per cui, niente rivoluzioni. Una sola vera novità: la presenza dei sondaggisti in studio. «Quando saranno presenti leader politici - ha annunciato il conduttore - Mannheimer non sarà solo, ma sarà messo a confronto con un altro sondaggista». Un modo per rendere più bipartisan il confronto sui numeri, in linea con lo stile dell'uomo ancor prima che della trasmissione. Perché Vespa è un padrone di casa indubbiamente discreto e pieno di attenzioni. Felice di accogliere politici, soubrette, giornalisti, nel suo studio che assomiglia tanto a un salotto. Non fa sedere gli invitati, li fa accomodare su comode poltrone, anche quelle, come il bel portone, rigorosamente candide. Chi ci si potrebbe sedere, martedì, è Silvio Berlusconi, come prescrive la tradizione del programma, ormai arrivato alla sedicesima edizione. Lo ha spiegato ieri Vespa: «Da fine 1996 - ha spiegato - abbiamo sempre invitato il presidente del Consiglio in carica». Sono andati, anche se non tutte le volte, Lamberto Dini, Romano Prodi, Giuliano Amato e Berlusconi stesso. Non è un caso che la trasmissione sia stata ribattezzata la «terza camera» del Parlamento italiano. Ma quest'anno potrebbe saltare tutto: «Il premier è stato invitato», ha detto, ma «allo stato, non credo che verrà», anche se da qui a martedì Vespa ha voluto ritagliare il posto per l'ultima speranza. Bruno comunque non si è perso d'animo e ha lavorato per partire bene, nello spirito aziendalista a cui fa sempre riferimento. Per questo anche ieri se l'è presa con i colleghi che non rispettano il codice Rai. In particolare la disposizione secondo la quale il pubblico non deve influenzare il dibattito con gli applausi. «Io la rispetto», ha polemizzato «ma se c'è chi non lo fa ci adegueremo». Chi ha pensato a Michele Santoro e Giovanni Floris, ha fatto bene. Perché Bruno ha in mente loro quando si immagina come un programma non dovrebbe essere condotto. Cioé come un'arena infuocata. Vespa, invece, ha uno stile più sobrio, elegante. vespa è la tradizione della Rai. Non cerca lo scontro. Non dimentica mai di aggiungere al nome dell'ospite un titolo adeguato: che sia «onorevole», «presidente» o un più sobrio «dottore». E da Berlusconi ha preso in prestito quel «mi consenta» tanto sbertucciato, che è in realtà una formula dettata dalla cortesia semplice dei borghesi di un tempo. A differenza di altri giornalisti, poi, Vespa non è innamorato di se stesso. Sta sotto i riflettori, ma sempre un po' defilato. Ieri ha anche rifiutato il palco di Sanremo, nonostante le avance del direttore di Raiuno Mauro Mazza. «Avevano chiesto la mia disponibilità per la conduzione del festival - ha confessato - ma ho detto no perché tengo agli ascolti della Rai e non voglio essere la causa del loro ridimensionamento». Il profilo basso prima di tutto. «Ognuno faccia il suo mestiere». Fiorello aveva suggerito di arruolarlo come valletta. Ma Bruno ha declinato. E del resto, ha scherzato Mazza, non vorremmo vederlo in quegli abiti.