Così salta il piano di Gianfranco
La leggenda racconta che appena Gianfranco Fini venne rieletto segretario del Msi, nel ’91, Italo Bocchino aveva una specialità. Scriveva comunicati stampa con annunci mirabolanti: «Da quando Fini è tornato alla guida della destra, il Msi ha guadagnato lo 0.5%». Oppure: «È volato oltre il 4%». «Il Msi oltre il 5%». Non si sa se sia vero ma di sicuro quando Bocchino venne candidato per la prima volta alla Camera, nel 1996, fu pubblicato un sondaggio che lo dava in vantaggio sull’avversario di almeno venti punti. E così accadde anche quando nel ’99 arrivò a Napoli a guidare la federazione locale di An. E successe lo stesso nel 2003, quando spiegò che nei migliori venti sindaci d'Italia sette erano del centrodestra e di questi quattro erano di An. Per culminare nella celebre frase: «Non siamo più un partito di vicesindaci». E si affidò di nuovo ai sondaggi per suonare la riscossa quando si candidò alle Regionali del 2005 contro Bassolino: «Nei venti giorni che mancano alle elezioni sono convinto di recuperare il divario che mi separa dal mio avversario spostando una piccola parte di indecisi». Annunciò che il centrosinistra era crollato sotto il 50 per cento e oramai lui era a un'incollatura. Tanto da suscitare l'ilarità di Bassolino: «Perché è così incauto? Chi glielo fa fare?». E aveva ragione don Antonio: vinse con il 61,5%, Bocchino si fermò al 34. Italo è il più veloce di tutti, non c'è dubbio. Il suo padrino politico, Pinuccio Tatarella, quando voleva farsi un complimento, diceva di se: «Sono svelto». Per questo quando è in difficoltà, in affanno, in dubbio o intravede la malaparata, Bocchino sfodera un bel sondaggione per tirare su il morale. Ieri ha annunciato: dopo Mirabello Futuro e Libertà è al 7 per cento. Il suo sito, Generazione Italia, spiega trionfalmente: «In soli otto giorni abbiamo guadagnato 1,8 punti». E mostra un'indagine condotta da Luigi Crespi, geniale sondaggista, ma come tutti qualche volta sbaglia. L'anno scorso annunciò la vittoria di Renato Soru in Sardegna e il governatore Cappellacci se la sta ancora ridendo. Fini nel frattempo è volato in Canada per una visita istituzionale. In appena due giorni il clima tra i finiani è cambiato e, certamente, cambierà ancora. Dai toni esaltati e tonfi della domenica di Mirabello, di lunedì, di martedì, si è passati ai toni più dimessi di mercoledì, fino al silenzio di ieri rotto dagli annunci di Bocchino. Che assieme ai sondaggi ha tirato fuori un'altra novità: un nuovo deputato che si aggiunge alla truppa di Futuro e Libertà. Uno degli uomini più vicini a Fini, Donato Lamorte, cade dalle nuvole: «Non ne so nulla». Si parla dell'italo argentino Ricardo Antonio Merlo. Non per presenze. Si parla anche di Santo Versace, e allora sarebbe tutt'altra operazione politica. Non è un caso: sono proprio le nuove adesioni il nervo scoperto dei finiani. Dice uno di loro che chiede l'anonimato: «La campagna acquisti di Berlusconi quest'estate segna tre colpi: Zlatan Ibrahimovic, Robinho (appena comprati dal Milan, ndr) e Calogero Mannino». Mannino sarebbe il big dell'Udc che sta per lasciare Casini e assieme ad altri deputati dovrebbe costruire un gruppo autonomo alla Camera, il nome c'è già: Responsabilità Nazionale. É pronto a dare l'appoggio esterno al governo quando a fine mese si presenterà alla Camera per chiedere un nuovo voto di fiducia (come anticipato ieri da Il Tempo). Mannino potrebbe portare con sè altri sei o sette deputati che assicurerebbero a Berlusconi la maggioranza autosufficiente, cioè senza il voto degli uomini di Fini. Se l'operazione andasse in porto il Cavaliere otterrebbe un doppio risultato. Renderebbe ininfluente il presidente della Camera o almeno si toglierebbe dalla tenaglia che lo vorrebbe costringere alla trattativa infinita ed estenuante con Fli. In secundo luogo tirerebbe uno schiaffo non da poco a Pier Ferdinando Casini e ai suoi progetti terzopolisti. Proprio nel fine settimana, il leader dell'Udc annuncerà a Chianciano che la sua formazione politica cambia pelle, si chiamerà Partito della Nazione e spalancherà le porte a nuovi ingressi. Non è un bell'inizio se come primo atto il nuovo partito dovesse perdere pezzi. Anche uno solo, ma nel caso di Mannino da novanta. Certo, potrebbe anche essere un grande bluff. Ma ha certamente sortito il suo effetto. Dice la colomba finiana Pasquale Viespoli, capogruppo di Fli al Senato: «Berlusconi ha i numeri? Ma li ha sempre avuti, noi abbiamo sempre detto che avremmo votato la fiducia. Altri si aggiungeranno? Meglio, siamo contenti se il governo è più forte. Noi vogliamo faccia di più». Gli fa eco un finiano duro, Claudio Barbaro: «Benissimo se il governo si rafforza. Per me la cosa più bella è che si sia tornati a parlare di politica, a Mirabello mi sembrava di esser tornato a quando ho iniziato a fare politica da ragazzo». É la fotografia del momento. C'è chi come Enzo Raisi accelera e si dimette da tutti gli incarichi del Pdl, come quello di coordinatore provinciale a Bologna. I moderati (guidati dallo stesso Viespoli e da Roberto Menia e Silvano Moffa) non ci stanno: «. «Non si comprende - attaccano in una nota - la fretta di affrontare i problemi inerenti ai problemi interni del Pdl che certamente esistono, ma che non sono in questo momento prioritari e che andrebbero risolti senza reciproche forzature nei tempi e nei modi». Sì, il clima è cambiato. E non basta un sondaggio a far tornare il bel tempo.