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Brunetta all'attacco: "Squadristi nel Pd"

Renato Brunetta

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A Renato Brunetta le cose dette a mezza bocca non piacciono. Non è tipo da commento «politically correct» bipartisan del giorno dopo, lui. Così, all'indomani della contestazione di Raffaele Bonanni a Torino, il ministro dell'Innovazione ha sparato a zero sul Partito democratico. «Nella cultura e nell'anima vera del Pd si mantiene una componente squadrista, reazionaria, estremista e conservatrice», ha detto intervenendo alla festa - questa sì - Atreju 2010. Per il ministro, che ha ricordato come prima del segretario generale della Cisl fossero stati «contestati ferocemente» Franco Marini, cofondatore del Pd, e il presidente del Senato Renato Schifani, si tratta di azioni messe a punto «non da parte di alcuni scalmanati , ma da gruppi organizzati che - ha spiegato - possono raggiungere risultati di contestazione se hanno la connivenza di parte degli organizzatori, altrimenti non entrano neanche nel raggio di due-tre chilometri». Brunetta - come al solito - ha le idee chiare: «Bonanni rappresenta una punta avanzata nel campo del riformismo sindacale» e «ha contro di sé un sindacato comunista, il più conservatore d'Occidente, che è la Cgil, dentro cui ci sono frange come la Fiom che a sua volta hanno al loro interno elementi vicini all'eversione». Al ministro dell'Innovazione - si sa - i «comunisti» non vanno tanto a genio. A tal punto che nel «gioco della torre» (novità di questa edizione di Atreju, che prevede che l'ospite salga su una torretta di cartone e butti di sotto uno degli elementi proposti dai ragazzi») alla domanda se buttare giù i fannulloni - suoi noti «nemici» - e appunto i comunisti, Brunetta ha deciso senza pensarci un attimo: «Butto entrambi, tanto per la maggior parte coincidono», ha scherzato il ministro. La reazione sdegnata del Pd a quanto detto sulla contestazione di Torino non si è fatta attendere. «Le parole di Brunetta si commentano da sole: sono un triste atto di sciacallaggio politico», ha dichiarato l'ex ministro Cesare Damiano. «Il ministro quando parla di estremismo non deve sicuramente guardare in casa del Partito democratico in tutti i casi non si permetta mai più di accostare il nome del Pd all'azione dei violenti: il nostro partito ha sempre combattuto ogni forma di intolleranza», ha spiegato. Il ministro ha subito replicato: «Povero Damiano, non sa più a che santo votarsi. Invece di chiedere scusa a Bonanni e a tutti gli italiani per la brutta pagina andata in scena a Torino, si permette di offendere chi gli ricorda la storia del suo partito: il Pci, Pds, Ds, Pd. Un partito che pervicacemente continua a consentire a gruppi violenti organizzati di contestare , intimidire, colpire avversari politici ospiti alla sua festa, o persino, come nel caso del presidente Marini, co-fondatori dello stesso Pd. Ma non si vergogna almeno po' il deputato Damiano?», ha insistito. Non si può certo definire «politically correct» la replica di Pier Luigi Bersani: «Chiamiamo il 118 e risolviamo la cosa», risponde il segretario del Pd a che gli chiede un commento su quanto detto da Brunetta. Eppure il ministro della Pubblica Amministrazione non è stato l'unico ad Atreju a ricordare la contestazione di Torino. Anche il Maurizio Sacconi, intervenuto nel pomeriggio, ha voluto commentare quanto accaduto: «La ragazza che ha lanciato quel lacrimogeno è figlia di una cultura bastarda e nichilista, quella degli anni Settanta - ha spiegato il ministro del Welfare ai giovani presenti - È una cultura che non ha fiducia nella persona. E la retorica della precarietà è figlia di quegli anni».

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