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I pm: Lunardi corrotto dalla cricca

L'ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi

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Niente archiviazione per Lunardi. Il reato di corruzione non deve finire nei sotterranei della procura di Perugia. E c'è di più. La magistratura umbra ha anche chiesto alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera di pronunciarsi sulla posizione dell'ex ministro e attuale deputato. Dalle indagini svolte fino ad oggi, secondo i pm, è emerso che l'ex numero uno del dicastero delle Infrastrutture sarebbe stato corrotto dai componenti della «cricca», cioè da quella presunta associazione per delinquere composta, tra gli altri, da Angelo Balducci, Fabio De Santis, Mauro Della Giovampaola e Diego Anemone. Sono dunque arrivati alla Camera dei deputati gli atti del Tribunale di Perugia che chiedono l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro Pietro Lunardi, indagato per corruzione insieme all'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe con l'accusa di aver acquistato nel 2004, a un prezzo di favore da Propaganda Fide, un intero palazzo di cinque piani in via dei Prefetti, nel cuore di Roma, in cambio del finanziamento pubblico di due milioni e mezzo di euro per la realizzazione di un Museo aperto al pubblico da realizzare a piazza di Spagna. «Le emergenze processuali - scrivono i magistrati nella relazione - non depongono a favore di un provvedimento di archiviazione. La prospettiva accusatoria appare corroborata sia in punto di contrarietà dell'atto ai doveri dell'ufficio, sia in punto di utilità ricevuta». Nella documentazione, inoltre, si sottolinea «l'assoluta carenza» dei presupposti per la concessione del finanziamento pubblico «Arcus» a Propaganda Fide e si ricordano le dichiarazioni dell'architetto Angelo Zampolini, uno della «cricca» di Angelo Balducci e Diego Anemone scoperta con l'inchiesta sugli appalti per il G8, sulla «sproporzione» tra il prezzo pagato e il valore dell'immobile acquistato dalla società immobiliare amministrata dal figlio del ministro Lunardi, Giuseppe. Angelo Balducci viene indicato dagli inquirenti come il «soggetto il cui intervento si rivelò risolutivo per l'acquisto dell'immobile di via dei Prefetti». Inoltre «era anche Consultore della Propaganda Fide, che si sarebbe avvantaggiata dell'indebito finanziamento, favorito dal Lunardi». Diego Anemone, invece, «risulta presente alla stipula dell'atto di compravendita del palazzo di via dei Prefetti e ne seguì inizialmente i relativi lavori di ristrutturazione». Infine, avrebbe intrattenuto «rapporti con la figlia del Lunardi, cui avrebbe anche consegnato una busta - probabilmente contenente denaro finalizzato al finanziamento dell'operazione - per il tramite del suo uomo di fiducia Hidri Fathi Ben Laid».

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