Sakineh, il figlio della condannata: "Grazie Italia, ma bisogna fare di più"
Si sentono automobili in sottofondo. Sajjad Ghaderzadeh cammina nelle strade di Tabriz parlando al cellulare. Voce ferma ma eccitata, ogni ora che passa può essere fatale per Sakineh, sua madre. Possono lapidarla, impiccarla, frustarla ancora nonostante la mobilitazione internazionale da lui sollecitata: "grazie all'Italia, grazie a tutti - dice - ma serve di più. Qui, purtroppo, capiscono soltanto i rapporti di forza". Ha 22 anni ed è cresciuto in fretta. Lavora sugli autobus di Tabriz otto ore al giorno, nella sua mente ci sono Sakineh e Farideh, la mamma, detenuta, di 43 anni e la sorella, sola in casa, di 18: "sì, lei non lavora è sta in casa. Sono preoccupato per lei, non per me. La devo lasciare da sola tutto il giorno perchè io non posso lasciare il mio posto". Nonostante questo, di Sajjad colpisce il coraggio, un'energia che gli fa sfiorare l'incoscienza. Come quando parla dei due principali magistrati che ritiene colpevoli della situazione della madre: "sono loro che fanno il lavoro sporco qui a Tabriz, pronunciano condanne a morte o lapidazioni che da noi sono più frequenti che non a Teheran o altre grandi città". L'esecuzione di Sakineh è sempre possibile, nonostante una mobilitazione internazionale che aumenta di giorno in giorno: "è importante, grazie di cuore all'Italia e a tutti quelli che si sono mossi in queste ore. Ma non basta. Gli stati devono mostrarsi più esigenti e severi verso il governo iraniano, servono passi solenni, come la convocazione dell'ambasciatore, o l'inasprimento delle sanzioni. Purtroppo con Teheran funzionano soltanto i rapporti di forza". Sajjad ritiene importante l'iniziativa del ministro degli Esteri Franco Frattini, che ieri si è offerto di incontrare il collega iraniano Mottaki a margine della prossima Assemblea generale dell'Onu a New York: "se Mottaki accetterà sarà importante, e potrà essere un passo efficace per ottenere la liberazione di mia madre". Di Sakineh non ha notizie recenti. E quello che trapela dal carcere non è incoraggiante: "l'hanno messa in isolamento - afferma - non ho notizie dirette da 20 giorni, le visite sono sempre più difficili per lei". Anche le voci che ad ogni weekend si fanno più intense di una sua imminente esecuzione sono incontrollate: "le lasciano trapelare apposta dalla prigione - dice Sajjad - per fare pressione su mia madre, per terrorizzarla". È difficile orientarsi nella pioggia di notizie, ipotesi e depistaggi che circondano ormai Sakineh come una ragnatela. Quello che è certo è - ad esempio - che le 99 frustate gliele hanno date, eccome: "confermo, la pena è stata eseguita, anche se le autorità del carcere non hanno voluto dirlo ufficialmente. Forse se ne vergognano. Tutto è stato provocato da quella foto senza chador diffusa da un suo ex avvocato. Non è mia madre, l'ho spiegato. Ma intanto, gli è valsa una nuova accusa di indecenza. Altre 99 frustate".