Buone domande pessime risposte
Finicontinua la sua corsa verso un territorio sconosciuto. Credo che neanche lui abbia le idee chiarissime, ma quando si tratta di giocare con le armi della tattica è un politico abile. Fini viaggia verso una terra di mezzo nella quale prima o poi si troverà con due scenari possibili: dover accettare la prospettiva delle elezioni anticipate e rischiare il tutto per tutto; oppure stare alla finestra, costringere il governo a trattative estenuanti - concedendo e ostacolando qua e là - in attesa di una crisi pilotata che porti al varo di un governo d'emergenza pronto a riscrivere la legge elettorale e consentire la sopravvivenza del cespuglio nascente di Futuro e Libertà. Non ci sono altre strade possibili. Non esistono condizioni praticabili per far andare avanti la legislatura con un partner così desideroso di consumare una vendetta anche personale su Berlusconi. Il fattore emotivo in questa storia ha un peso enorme e influenza le scelte dei leader in maniera decisiva: tra i due contendenti, quello che oggi appare più determinato «a dare una lezione» all'avversario è Fini. Anche ieri in diretta ne abbiamo avuto un saggio: sarcasmo totale, viso tirato, quando Mentana ha correttamente toccato il tema della casa a Montecarlo il presidente della Camera è diventato guardingo, diffidente, l'espressione è mutata e il sorriso è diventato una forzatura. Tutto umano, troppo umano per non avere conseguenze sulla lucidità delle scelte politiche. Sul caso Montecarlo/Tulliani un leader di partito (che ci sia o meno, Fini si comporta come tale) dovrebbe dare spiegazioni puntuali. Anche ieri, quando Mentana gli ha chiesto come mai il cognato avesse un contratto d'affitto in una casa che fu di An, Fini ha svicolato, una saponetta. Non si può liquidare una faccenda del genere con uno sbrigativo «fa ridere». Se facesse ridere, Fini non avrebbe avuto bisogno di fissare dei paletti con il suo avvocato prima di parlare e soprattutto arricchirebbe la sua nota in otto punti di qualche settimana fa con qualcosa di più concreto. Su questa vicenda aleggia una nebulosa gigantesca e le domande che tutti i giornali - sottolineo tutti - hanno posto restano inevase. Fini dà ordine al senatore Francesco Pontone di vendere la casa di Montecarlo a una società off-shore (chi c'è dietro il trust?) e il cognatino in Ferrari ci casca dentro per un caso della storia. Chi ci crede, scriva subito a Babbo Natale per ricevere un regalo simile e far parte del club dei miracolati del Principato. Il tema non è giudiziario, ma politico: gli amici o i parenti che ottengono vantaggi (o la casa a Montecarlo è una scomodità?) attraverso la politica possono e debbono essere sottoposti al giudizio della stampa e della pubblica opinione. Fini ha tutto il diritto di dar vita a una sua creatura politica, può rompere l'alleanza e motivare le sue scelte di fronte agli elettori, può perfino contestare in maniera surreale i diciasette anni di collaborazione (e voti di qualsiasi legge) con Berlusconi, ma nel presentare la sua nuova avventura sta commettendo un peccato di superbia che da un politico della sua esperienza e levatura non mi sarei mai aspettato: s'è messo sul piedistallo, nella posizione di un intoccabile, un politico che non tollera le critiche della stampa, non riconosce nessuno dei suoi errori, non fa un'autocritica seria e puntuale sulla sua partecipazione ambigua e poco convinta alla fondazione del Pdl, non ricorda come fu gestito da lui in persona un partito come An, non spiega agli elettori perché la destra del «Dio, Patria e Famiglia» ora per lui non ha alcuna importanza ed è persino un evidente fastidio. La sua traiettoria non è quella di un alleato che vuol concorrere all'azione di governo, ma quella di un asteroide in piena rotta di collisione con il Pdl, il pianeta più grande. E può distruggerlo.